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Allarme Lombardia: più imprese chiuse di quelle aperte

Inversione di tendenza dopo oltre quattro anni. Legno, elettronica e tessile i settori più colpiti

Allarme Lombardia: più imprese chiuse di quelle aperte

Antonio Ruzzo

Milano C'è un segno meno. Poca «roba», uno 0,1 per cento, però è un meno che arriva dopo quattro anni e tre mesi di bilanci più o meno positivi. Quindi non è un bel segnale per le imprese lombarde. Anzi.

Ricompare il segno negativo davanti alla variazione del numero di imprese attive ed è purtroppo il risultato di un forte incremento delle cessazioni (+8,1%), non controbilanciato dall'andamento delle iscrizioni (+2,2%), nonostante anch'esse abbiano ripreso a crescere. «Una sofferenza che coinvolge anche i segmenti fin qui più dinamici del tessuto imprenditoriale regionale, come le società di capitale e le imprese dei servizi che, pur continuando a crescere, evidenziano un rallentamento - spiega il Presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio - I fallimenti diminuiscono ancora, mentre i concordati e le altre procedure tornano a mostrare variazioni positive; in lieve aumento anche gli scioglimenti e le liquidazioni, che riflettono probabilmente le aspettative incerte degli imprenditori sulle prospettive future».

I dati assoluti della demografia imprenditoriale lombarda però sono però sono ancora più crudi delle percentuali e mostrano un malessere reale. Basta leggerli: il saldo tra le imprese che si sono iscritte alle anagrafi camerali lombarde (18.780) e quelle che hanno invece cancellato la propria posizione (23.320) è infatti pari a -4.540: «Se un risultato negativo è normale nel primo trimestre dell'anno, quando vengono recepite le numerose cessazioni che, per motivi fiscali e contabili, si concentrano negli ultimi giorni dell'anno precedente - spiega Unioncamere - va però sottolineato come il saldo risulti in peggioramento anche in confronto ai trimestri analoghi degli ultimi 5 anni, per via della significativa crescita delle cessazioni».

L'analisi settoriale conferma la crisi del commercio e l'andamento negativo degli ultimi due anni, approfondendo ulteriormente le perdite (-1,2%). Prosegue la diminuzione delle imprese attive nelle costruzioni (-0,8%), nell'agricoltura (-1,6%) e nell'industria (-1,3%); guardando in maggior dettaglio a quest'ultima e in particolare alle imprese manifatturiere, che ne rappresentano oltre il 95%, si nota come in dieci anni la riduzione abbia coinvolto tutti i comparti tranne l'industria alimentare e delle bevande. Le perdite più intense hanno invece riguardato l'industria del legno, l'elettronica, la fabbricazione di apparecchiature elettriche, il tessile. Da segnalare invece la leggera crescita delle imprese attive nel terziario, in particolare nei servizi diversi dal commercio e dai pubblici esercizi (+1,6% rispetto allo stesso trimestre del 2018) e delle attività di alloggio e ristorazione che evidenziano un incremento (+0,3%), sebbene in rallentamento rispetto agli anni scorsi, mentre Nel primo trimestre 2019 aumentano le iscrizioni al ruolo artigiano (6.

216 movimenti, pari al +12,3%), confermando la fine del trend negativo che ha caratterizzato un decennio (2008-2017).

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