Lerici (La Spezia) - Sono fra le spiagge più famose del mondo. Ma dai suoi stabilimenti balneari il comune di Lerici non ricava un euro che sia uno. Zero assoluto. Un fiasco clamoroso. Anzi, uno scandalo che va avanti dal 1997, quando gli ombrelloni sono finiti nella pancia di una società, la Lerici Mare srl, che avrebbe dovuto dare lustro e soldi al Golfo dei poeti. Invece qualcosa è andato storto: i bagnanti riempiono l'arenile e spendono almeno 20-30 euro al giorno per due sdraio e un lettino sulla sabbia, ma i denari vanno ai soci privati della Lerici Mare. E il comune rimane con le tasche vuote. Una situazione anomala ora sotto i riflettori della procura di La Spezia che ha messo sotto inchiesta quattro funzionari del Comune.
Sembra impossibile, ma Lerici batte un altro primato negativo. Non bastava la Ztl di cui ha parlato il Giornale ieri: una sorta di muraglia elettronica che tiene alla larga il visitatore e che solo ora il nuovo sindaco Leonardo Paoletti ha finalmente deciso di ridurre. No, c'è pure questa storia incredibile delle concessioni demaniali. Attenzione; si tratta di location da favola in località prese d'assalto dai turisti di mezzo mondo: Lerici e poi le frazioni altrettanto nobili come Tellaro, Fiascherino e San Terenzo. Sette spiagge per 7 mila metri quadri. Nel 1997 la vecchia amministrazione comunale, guidata da una giunta di centrosinistra, fonda la Lerici Mare srl proprio per valorizzare la gestione del litorale. La società ha prevalenza di capitale pubblico, con il Comune al 51 per cento, poi sette soci privati che si spartiscono il restante 49 per cento. Fin qui tutto bene. Ma nel 1998 il Comune si lega mani e piedi firmando patti parasociali che di fatto lo mettono fuori gioco. Infatti la Lerici Mare diventa una scatola vuota e viene espropriata della propria ragione sociale: la conduzione delle spiagge, affollatissime e sgomitatissime con gli ombrelloni che risalgono anche il costone della montagna, viene affidata alle ditte individuali dei soci. In pratica fanno tutto loro e alla Lerici Mare resta un bonus di 50 mila euro l'anno che viene utilizzato interamente, o quasi, per spese varie. A fine stagione, quando i bagnanti se ne vanno, in cassa restano cifre irrisorie: 100-200 -300 euro. Una mancia o poco più. E invece si presume, perché nessuno in Comune conosce le cifre esatte del business, che le sette concessioni siano una miniera d'oro che rende ai privati centinaia di migliaia di euro ogni anno. Insomma, il comune avrebbe sotto i piedi la soluzione dei propri guai finanziari e potrebbe, con una politica accorta, eliminare gabelle odiose come l'Imu, ma per il momento la pressione fiscale non può scendere perché le spiagge non danno un centesimo.
A giugno dell'anno scorso alcuni consiglieri di opposizione, raccolti nella lista Uniti per Lerici, presentano un esposto molto duro alla Corte dei conti della Liguria. In poche pagine si racconta la storia della Lerici Mare, la firma dei patti parasociali, il passaggio delle attività ai privati che le gestiscono fuori dal perimetro della società madre. I consiglieri avanzano dubbi pesanti: «È un dato di fatto che la Lerici Mare non ha mai prodotto utili da ripartire fra i soci e che la stessa si è trasformata, a seguito dell'assemblea del febbraio 98, in una scatola vuota cui fanno capo formalmente le concessioni demaniali poi godute dai soli privati». E ancora: «Il sistema delineato impedisce da decenni al comune qualsivoglia ritorno economico dalla gestione delle spiagge a solo esclusivo vantaggio dei soci privati con rilevanti perdite per le casse pubbliche».
Ora Paoletti è sindaco
e si appresta a voltare pagina. Intanto, alla corte dei conti si è affiancata la Procura di La Spezia. Quattro funzionari del comune sono sotto inchiesta. La stagione degli sprechi è arrivata, si spera, ai titoli di coda.
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