Cronache

"Alto rischio attentati". Primi tre arresti per Sharia for Italy

Sono giovani, fanatici e social: nell'operazione "Balkan Connection" preso anche l'autore del testo di propaganda scritto in italiano

"Alto rischio attentati". Primi tre arresti per Sharia for Italy

nostro inviato a Brescia

«Unisciti a noi, la Jihad ti aspetta», twittava il ragazzo di Lanzo Torinese. Sono i terroristi della porta accanto: come a Londra, come a Parigi. Sono gli integralisti di seconda generazione, nati in Italia, passaporto italiano, scuole italiane, facce qualunque nel magma multietnico di un qualunque liceo di provincia, pronti a rispondere all'appello della jihad propagandato via Internet, che va a toccare corde di odio nascoste nella normalità.

È questo l'universo con cui chiama a fare i conti l'operazione della Digos di Brescia, nome in codice «Balkan Connection», che ieri mattina porta in carcere due albanesi catturati uno a Torino e uno in patria, fa scattare la nuova legge antiterrorismo contro un ragazzo arabo di Cermenate, vicino Como, reclutato per andare a combattere quando era ancora minorenne e poi colto da paure e ripensamenti. E c'è anche un arresto che costituisce una primizia assoluta: viene arrestato vicino a Torino Halili el Mahdi, passaporto italiano, autore del primo testo in italiano di propaganda dell'Isis: una svolta, per gli analisti dei servizi segreti. Il testo si intitola «Lo stato islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare», ed era stato adocchiato già mesi fa dagli 007 dell'Aisi nel mare magnum di siti e blog attraverso i quali passa la propaganda integralista. Ieri il suo giovane estensore viene arrestato. Processo alle idee? Neanche per sogno. Perché l'indagine bresciana dimostra come la propaganda via Internet costituisca il primo passo verso l'arruolamento dei combattenti da inviare al fronte: per ora nello Stato islamico, domani chissà. Propagandisti via web e reclutatori di foreign fighters sono legati a doppio filo, due facce della stessa medaglia. Sparsi per l'Italia, attivisti della jihad informatica «pescano» nella rete i futuri martiri. Accadde così, dice l'indagine bresciana, per Anas el Abboubi, il giovane di Vobarno, vicino Brescia, che oggi combatte da qualche parte tra Siria e Irak, destinatario anche lui di un mandato di cattura per un «serissimo pericolo» di «attentati»: a risucchiarlo nella rete fu Elvis Elezi, il più giovane dei due albanesi arrestati ieri, compagno di scuola in provincia di Torino di Halili el Mahdi, l'autore del pamphlet. La stessa cosa doveva accadere per Mahmoud Ben Ammar, il ragazzino di Cermenate che si è tirato indietro all'ultimo momento. E chissà per quanti altri. Quando il giovane Elezi riteneva che il giovane preso nella rete di Facebook fosse pronto per fare il gran salto, dall'Albania arrivava zio Alban. Il destino: andare a ingrossare le fila che combattono per l'Isis sotto le bandiere della «Grande Albania».

Non sono autodidatti, i jihadisti della porta accanto, non sono cellule autogestite: sono collegati organicamente al network europeo del terrore. Nei rapporti della nostra intelligence, i passaggi sono chiari e inquietanti. El Mahdi, prima dell'ultimo documento, si era esibito in un altro testo in italiano, «Le prove sul califfato»: che altro non era che la traduzione dei testi di Mizanur Rahman, l'imam ultra-radicale inglese accusato di terrorismo dal MI5, arrestato e poi rilasciato, legato a filo doppio ad Anjem Choudary. Choudary è un personaggio chiave. È l'ideatore del network internazionale Sharia4 , pronto a aprire filiali in ogni paese in mano agli infedeli. Sharia4Belgium è il caso più eclatante, centinaia d'adepti partiti in blocco per il fronte. E a essere scelto per creare Sharia4Italy era stato proprio El Abboubi, il ragazzo di Vobarno che gli Elezi hanno poi spedito a combattere sotto il nome di Anas al Italy, Anas l'Italiano. «Uccidi i pagani, è un dovere per ogni musulmano», postava Anas su Facebook.

Basta con i sermoni in moschea, l'arruolamento avviene via tweet: come quelli di Oussama Khachia, il marocchino espulso un mese fa da Varese, autore sotto il nome di Oussama di ventitremila «cinguettii» di propaganda jihadista, minacce ai reporter compresi: «È una guerra, i morti ci sono, tra i morti ci sono quelli che camminano, chiamati anche giornalisti». Dove sia oggi, non si sa.

Ma continua a seguire da vicino quanto accade in Italia: e ieri, quando apprende dell'arresto del suo amico Halili, gli manda un messaggio via Facebook: «Possa Allah benedire il nostro fratello e proteggerlo».

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