Cronache

Altre ombre su Piacenza. I 2 milioni di dollari falsi "scomparsi" in caserma

L'inchiesta del 2013 rimase segreta e i vertici dell'Arma azzerarono chi era al comando

Altre ombre su Piacenza. I 2 milioni di dollari falsi "scomparsi" in caserma

Vengono da lontano, i veleni che si respirano intorno ai carabinieri di Piacenza, e che fanno un po' da motore e un po' da sfondo all'inchiesta che ha spedito in galera per tortura e traffico di droga quasi l'intero organico della stazione Levante.

È da anni che qualcosa non va, nell'Arma. Il repulisti con cui due giorni fa il Comando generale ha cacciato via d'urgenza l'intera linea gerarchica ha un precedente identico, pochi anni fa. Anche allora la Procura indagava sui carabinieri, anche allora Roma azzerò i comandi. La differenza è che allora l'inchiesta rimase segreta, nessuno ne seppe niente, i trasferimenti furono presentati come normali avvicendamenti. Col senno di poi, fu forse un errore. Perché quel segreto ha continuato a circolare sotto traccia, ad ammorbare l'aria, a tenere vivi odi tra colleghi. Fino al big bang di sei giorni fa.

Insieme ai veleni, aleggia sull'Arma piacentina un mistero. Che fine hanno fatto i due milioni di dollari falsi sequestrati nel 2013 a una banda di trafficanti italiani ed africani e spariti da un ufficio del comando provinciale? Era questo il tema della prima inchiesta, quella condotta lontano dai riflettori. Tutto comincia il 6 novembre 2013, quando i carabinieri arrestano diciannove persone per «associazione a delinquere finalizzata alla introduzione nello Stato e alla spendita di banconote falsificate».

Ci sono anche facce pulite: commercianti, ristoratori, proprietari di locali notturni, che annegavano un fiume di dollari falsi tra il contante dei loro esercizi. Dollari di ottima fattura, realizzati partendo da biglietti veri da un dollaro e ristampati come cento. A condurre l'inchiesta, il maggiore Rocco Papaleo: lo stesso ufficiale che ora è in servizio a Cremona e che all'inizio di gennaio ha dato il via all'inchiesta sulla stazione Levante, consegnando i file con i racconti scioccanti dei confidenti dell'appuntato Peppe Montella e dei suoi colleghi.

Quel giorno di novembre, la retata dei trafficanti di dollari (coltamente ribattezzata E unum pluribus) finisce su tutti i giornali e tg, poi non se ne parla più. Ma nei giorni successivi accade qualcosa di cui invece non c'è traccia, e che può essere ricostruito solo grazie al passaparola che in questi sei anni ha continuato ad agitare le caserme della Benemerita. Il passaparola dice che la parte più consistente della massa di soldi falsi sequestrata dal Nucleo investigativo viene portata nella caserma del Comando provinciale, in via Beverora. E qui, a un certo punto, sparisce nel nulla. Qualcuno, dall'interno dell'Arma, fa arrivare la notizia alla Procura della Repubblica, che ovviamente deve aprire una indagine. Che però non arriva da nessuna parte. Il fascicolo viene aperto contro ignoti, e contro ignoti viene archiviato.

L'Arma però non può restare ferma, e reagisce come reagirà sei anni dopo: azzera la catena di comando, il rimedio consueto e inevitabile quando ci si rende conto che qualcosa si è rotto nei meccanismi di controllo. La vicenda viene inghiottita dal silenzio. Dei due milioni di dollari falsi non si è più saputo nulla. Chi li aveva presi, si è fatto le sue idee sul Giuda che lo ha denunciato. Chi ha avuto senza colpe la carriera rovinata, difficilmente ha perdonato. E ora la nuova inchiesta sulla Levante butta sale su quella ferita mai davvero ricucita.

E così diventa inevitabile tornare a chiedersi: cosa è successo in questi anni a Piacenza? Come è possibile che nel cuore del profondo nord si susseguano storie che vedono gli uomini delle forze dell'ordine, i «buoni» per antonomasia, nel ruolo dei «cattivi»? Ad aprile 2013 la retata dei poliziotti corrotti e spacciatori, sei mesi dopo la storia dei dollari spariti, adesso le botte, i festini, la droga nella caserma di via Caccialupo.

E c'è chi ricorda che anche a Palazzo di giustizia non tutto è filato sempre liscio: nel 2009 arrestarono per corruzione una cancelliera della Procura che vendeva i segreti d'ufficio, le trovarono un diario con la storia di dieci anni di magheggi. Che fine ha fatto quel diario?

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