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Altri due italiani giocano a fare i "crocerossini"

Volevano portare medicine a Kobane. E se li avessero sequestrati, un altro riscatto?

Altri due italiani giocano a fare i "crocerossini"

Li hanno arrestati mercoledì notte al confine tra Siria e Turchia, mentre tentavano di rientrare nel territorio turco dopo aver portato aiuti alla popolazione della città di Kamishlié, capoluogo della comunità autonoma del Rojava. Sono due attivisti di Torino, un ragazzo e una ragazza del centro sociale Gabrio, ma la loro vicenda non sembra avere attinenza con quella di Greta e Vanessa, sequestrare in Siria il 31 luglio scorso e liberate il 15 gennaio dopo il probabile e discusso pagamento di un riscatto milionario. I due giovani in queste ore sono stati interrogati e rimangono a disposizione delle autorità turche. Anche la Farnesina si sta occupando del loro rilascio.

Gli arrestati facevano parte di un gruppo di nove attivisti che nelle scorse settimane, anche attraverso una sottoscrizione tra giovani dei centri sociali torinesi, avevano messo a punto il progetto «Carovana per Rojava», con l'intento di portare sostegno a Kobane e alle zone limitrofe martoriate dal recente dominio degli uomini del Califfato. I nove volontari, partiti da Torino il 13 maggio, avevano consegnato alla popolazione 55 chili di farmaci e 8mila euro per la ricostruzione dell'ospedale della città, il cui progetto era stato presentato anche su alcuni social network . Sempre sui social era apparso un diario quotidiano dei loro incontri con la popolazione locale. Diario che si interrompe con l'arresto di mercoledì sera. L'intera operazione umanitaria era però avvenuta illegalmente, poiché la Turchia, a causa del conflitto con Isis, non consente il passaggio del confine a personale non autorizzato e quelli della «Carovana» non avevano ottenuto alcun nullaosta dalle autorità di Istanbul per entrare in una zona così calda. Per aggirare l'ostacolo i ragazzi del Gabrio si erano divisi in due gruppi: sei erano entrati dalla Turchia, mentre gli altri tre avevano tentato di raggiungere il territorio di guerra dal confine con l'Irak, ma erano stati respinti dalla polizia locale a pochi passi dal confine.

I due attivisti arrestati, aiutati da alcuni abitanti dei villaggi che sorgono a ridosso di Kobane, hanno provato a tagliare il filo spinato che delimita il confine tra le due zone del Kurdistan: la comunità autonoma del Rojava appunto, di recente sottratta dai Pashmerga al dominio Isis, e il Bakur, territorio curdo controllato dai turchi. Il loro tentativo è stato interrotto dall'intervento della gendarmeria turca che avrebbe anche esploso alcuni colpi d'arma da fuoco e picchiato, almeno da quanto affermato dal gruppo «Gabrio», i curdi che avevano fiancheggiato la loro operazione. Gli attivisti sono stati quindi condotti nella caserma di frontiera a Suruc, dove hanno trascorso la prima notte. Venerdì invece sono stati spostati nella città di Urfa dove, almeno secondo quanto emerge da fonti vicine a «Carovana per Rojava», dovrebbero presentarsi lunedì davanti al tribunale per essere espulsi dalla Turchia, anche se sul loro capo pende l'imputazione di immigrazione clandestina. Dal centro sociale Gabrio di Torino uno degli organizzatori della missione, in contatto con il legale che da Urfa si occupa della liberazione dei due attivisti, parla della vicenda con moderato ottimismo. «Siamo riusciti a parlare con entrambi, poche parole, ma importanti. Sono tranquilli, hanno capito in quale situazione si trovano e non vedono l'ora di tornare a casa.

Nella peggiore delle ipotesi verranno rilasciati martedì».

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