«Altri tre milioni di profughi pronti a invadere l'Europa»

Allarme del presidente del Consiglio europeo Tusk: per fermare l'esodo sorvegliare le frontiere esterne dell'Ue

Una vittoria del regime di Assad in Siria, resa più probabile dall'intervento militare di Mosca e di Teheran in suo sostegno, avrebbe gravi conseguenze per l'Europa: altri tre milioni di profughi abbandonerebbero infatti la città e la regione di Aleppo e prenderebbero la via già battuta dei Balcani per cercare rifugio nel Vecchio continente. Lo ha affermato ieri Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, citando fonti turche.

La nuova imponente ondata migratoria, oltre a sottoporre i Paesi dell'Unione a una pressione potenzialmente insostenibile, rischia secondo Tusk di fare una vittima eccellente: la libertà di circolazione all'interno della cosiddetta Area Schengen. Se di fronte alle attuali circostanze eccezionali i Ventotto non sapranno rispondere con un'adeguata sorveglianza delle frontiere esterne, ha detto Tusk davanti al Parlamento di Strasburgo, sarà inevitabile presto o tardi il ritorno di quelle interne. I singoli Paesi dell'Ue, infatti, sceglieranno in molti casi di proteggersi da arrivi eccessivi o indesiderati ripristinando i controlli ai confini o addirittura erigendo barriere fisiche, come già ha fatto l'Ungheria il mese scorso.

Nella giornata in cui Berlino ha reso noto che il coordinamento delle politiche sull'emergenza profughi sarà gestito direttamente dalla Cancelleria - così confermando l'importanza cruciale che ha assunto per la Germania e per la sua leader la delicatissima questione -, Tusk ha rivolto parole dure nei confronti dei Paesi che hanno subito il peso maggiore dell'ondata migratoria. «Agli italiani, greci, ungheresi, vorrei dire che nessuno deve pensare di usare le ondate migratorie come merce di scambio tra vicini. Serve solidarietà ma anche responsabilità».

Logico che i toni usati dal presidente polacco del Consiglio europeo non siano stati graditi dai governi di Roma e Atene, per non dire di Budapest che fin dall'inizio ha assunto sulla questione una posizione radicalmente contraria alle linee indicate da Bruxelles. Un coro di voci dal Pd, ma anche dall'opposizione grillina, ha protestato contro l'accomunamento dell'Italia «che ha salvato vite» all'Ungheria che ha costruito muri.

Nonostante le critiche rivolte a Italia, Grecia e Ungheria, Tusk ha sostenuto davanti agli europarlamentari che «dobbiamo smettere di darci colpe a vicenda, perché abbiamo tutti la responsabilità comune di difendere le frontiere esterne dell'Europa».

Non è mancato nel discorso di Tusk a Strasburgo un richiamo all'opportunità di una collaborazione con la Turchia, definita «l'unica soluzione possibile» per la gestione della crisi migratoria in Europa. I Paesi vicini, ha aggiunto invitando al realismo, «pongono questioni ancora più complicate». E a quei Paesi che si oppongono alla prospettiva dell'adesione di Ankara all'Ue si è rivolto polemicamente il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che il giorno prima aveva incontrato il premier turco Recep Tayyip Erdogan: «Sono contento che con Erdogan abbiamo parlato di un accordo sui migranti.

Ma vi assicuro che non ci sono stati solo gesti affettuosi. Ci siamo confrontati. Detto questo è chiaro che la Turchia è un Paese sicuro. Chi pensa il contrario deve assumersi le conseguenze e chiedere la sospensione della richiesta di adesione all'Ue».

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