Politica

Altro che Europa unita, questo è il Quarto Reich

Non vale la regola per cui qualcuno è più uguale degli altri

Altro che Europa unita, questo è il Quarto Reich

Il 1° luglio del 2015 poteva essere la Canossa, cioè il giorno del pentimento del premier Tsipras. Dopo avere indetto un referendum riguardante il presunto diritto democratico del popolo greco di accettare o no il pacchetto di misure fiscali deciso dalla Commissione europea, e quindi se stare o no nell'euro, ha dichiarato che il governo di Atene accoglie le richieste europee. Purtroppo c'e stata un'esibizione muscolare del governo tedesco che ha detto che il pentimento del premier greco non basta, ci vuole anche il referendum. Gli altri membri del Consiglio europeo (come Renzi) sono stati zitti, come se non ci fossero regole che impongono di accettare l'adesione di Tsipras alle richieste della Commissione Ue.

Il referendum a questo punto non ha più rilevanza. Se il governo greco, che ha tutti i poteri per deliberare, ora dice che accetta questo pacchetto fiscale, ciò implica che non subordina più al referendum la propria decisione. Ne consegue che intende fare una legge urgente da sottoporre al Parlamento, con cui approvare le richieste della Commissione. Questa delibera del governo supera il referendum, che non ha più l'oggetto su cui si doveva votare. Ma a Berlino piace che Tsipras non sia umiliato soltanto dal fatto di essersi arreso alle richieste europee. Lo si vuole anche umiliato dalla piazza. Non si sa con quanti voti. Il tutto tenendo inutilmente sulla corda le banche, le Borse e gli altri mercati finanziari internazionali, violando le regole sia del diritto sia del buon senso.

Così martedì, sino a tarda sera, fra Berlino e Bruxelles si è discusso se l'adesione del governo di Atene basti o occorra anche quella del corpo elettorale. Angela Merkel rappresenta un governo di uno Stato membro dell'unione monetaria europea che ha una quota del 25,5 e quindi non può decidere anche per noi che abbiamo il 17,5%. Non ha il diritto di fare l'interlocutore privilegiato. Se l'Europa glielo lascia fare, vuol dire che non rispetta le regole. La Merkel probabilmente ignora che la costituzione italiana preclude i referendum in materia fiscale e di bilancio. Luigi Einaudi era favorevole ai referendum sulle leggi tributarie, ma riteneva che non si potessero sottoporre a referendum le leggi di bilancio. I nostri padri costituenti andarono più in là nel rigore. Il ragionamento di Einaudi è elementare e fondamentale: se io debbo ridurre il deficit di bilancio e non gradisco un maggior tributo, debbo tagliare una spesa, ma non posso votare contro il bilancio che serve per pagare i debiti. La volontà popolare democratica non può violare il principio per cui i bilanci sono prerogativa del Parlamento, che deve applicare le regole costituzionali. Se richiedono di stare entro il 3%, si scelga in che modo farlo. Ma non si può indire un referendum per decidere di non pagare il dovuto agli altri Stati.

Noi abbiamo un credito con la Grecia, pari al 17,5% del totale, calcolabile in 40 miliardi, al netto di sovrappiù (che io calcolo in altri 5) e del credito della Bce con le banche greche. Non è saggio mandare all'aria il tavolo per questioni di prestigio. Bisogna sempre calcolare se con le dilazioni si evita di perdere di più che con la linea dura. Ma ciò va deciso insieme. Siamo in un club della moneta unica. Personalmente come Ostellino ritengo che sarebbe pericoloso fare una federazione europea, cedendo troppa sovranità, data la prepotenza di alcuni soci del club. Ma noi, in quanto soci nel club, non abbiamo ceduto la nostra sovranità alla Germania, dobbiamo decidere insieme. Non vale la regola per cui qualcuno è più uguale degli altri. Non sono accettabili né la demagogia dei referendum in materia di bilancio, né la regola per cui un condomino importante come Berlino, che ha il 25%, debba decidere per tutti.

E ciò soprattutto in materia di denaro, in cui ci vuole prudenza, specie da parte di chi gestisce i soldi di tutti.

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