Altro che evasione fiscale il vero spreco è lo Stato

La Cgia di Mestre analizza le inefficienze della macchina pubblica. Tra burocrazia, ritardi nei pagamenti e deficit nelle infrastrutture, i costi per le imprese sono insostenibili

Altro che evasione fiscale il vero spreco è lo Stato

Il presidente Mattarella nel discorso di fine anno lo ha sottolineato con vigore: se l'evasione fiscale non fosse così alta, la pressione fiscale diminuirebbe e l'economia del nostro Paese ripartirebbe di slancio. Il presidente ha anche fornito una cifra (122 miliardi di euro) desunta non dai dati del ministero dell'Economia (che si ferma a circa 90 miliardi) ma da quelli elaborati dall'ultimo studio fatto da Confindustria. Su come far ripartire l'economia e su come tagliare la pressione fiscale, però, le ricette sono molte. E il tema torna ora d'attualità perché la Cgia di Mestre ha pubblicato un dossier attraverso il quale si evince che anche il malfunzionamento della macchina burocratica statale fornisce un pesante alibi allo scartamento ridotto della nostra ripresa economica. Anzi, dice di più. Offre dati e cifre che fanno quasi impallidire i già pessimistici numeri dell'evasione fiscale.Gli effetti economici derivanti dall'inefficienza della pubblica amministrazione, insomma, sono per i ricercatori della Cgia di Mestre, peggiori a quelli dovuti al mancato gettito dell'evasione fiscale. La traballante macchina statale continua ad avere «un impatto molto negativo sull'economia del nostro Paese frenandone la ripresa». I dati dell'associazione mestrina sottolineano che i debiti della Pa nei confronti dei fornitori ammontano a 70 miliardi di euro al lordo della quota ceduta dai creditori in pro-soluto alle banche. Il deficit logistico-infrastrutturale penalizza poi il nostro sistema economico per altri 42 miliardi l'anno. Lo studio ricorda inoltre che il peso della burocrazia grava sulle piccole e medie imprese per 31 miliardi l'anno e che sono 24 i miliardi di euro di spesa pubblica in eccesso che non ci consentono di ridurre la nostra pressione fiscale dentro la media dell'Unione europea. Per non parlare poi di quei 23,6 miliardi ricavati dagli sprechi e dalla corruzione nel nostro sistema sanitario. Per finire poi con i 16 miliardi annui che ci costa la lentezza della nostra giustizia civile.«Le imprese italiane, essendo prevalentemente di piccola dimensione - commenta il Segretario della Cgia, Renato Mason - hanno bisogno di un servizio pubblico efficiente, dove le decisioni vengano prese senza ritardi e vi sia certezza per quanto riguarda le leggi e la durata delle procedure. Se, invece, la farraginosità della nostra legislazione continuerà a lasciare una grande discrezione interpretativa ai dirigenti e ai funzionari pubblici, è evidente che anche la riforma della Pubblica amministrazione messa in atto dal governo Renzi potrebbe non sortire gli effetti sperati». Può anche essere, come spiega il coordinatore della Cgia Paolo Zabeo, che recuperando risorse attraverso la lotta all'evasione fiscale «la nostra macchina statale funzionerebbe meglio e costerebbe meno». Però è altrettanto plausibile ipotizzare che «se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l'evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri contribuenti».

«Secondo una recente analisi elaborata da due economisti italiani occupati presso la direzione generale Affari economici e finanziari dell'Ue - conclude Zabeo -, per diminuire in misura strutturale il carico fiscale italiano e allinearlo alla media dei Paesi dell'area euro sarebbe necessario ridurre la spesa pubblica di almeno 24 miliardi di euro. Un obbiettivo che, alla luce dei tagli di spesa previsti dalle ultime leggi di Stabilità, non ci sembra raggiungibile in tempi ragionevolmente brevi».

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