Cronache

Altro che fisco più umano. Ora fa gli agguati agli yacht

Lignano tra le località più colpite: "Così i nostri turisti se ne vanno altrove"

Altro che fisco più umano. Ora fa gli agguati agli yacht

nostro inviato a Lignano S. (Ud)

Impossibile non vederla. La motovedetta Gdf è lunga 14 metri. Più di una balena. E incombe sul Canale. Dagli uffici della Marina di Punta Faro, la più importante di Lignano, gli impiegati la osservano preoccupati: «Chissà chi han controllato». «È il fisco amico», ironizza qualcuno.

Blitz su blitz. Abbordaggi nelle acque dell'Adriatico, controlli minuziosi, domande su domande. «E i nostri clienti si stressano e portano la barca altrove, all'estero - spiega Manuel Rodeano, titolare della Marina Punta Verde, sull'ansa del Tagliamento – I militari vogliono anzitutto vedere chi è alla guida. Sono alla caccia perenne di prestanome e teste di legno, sono sempre convinti che chi va in mare sia uno sporco evasore. E lo tartassano in tutti i modi». Lignano Sabbiadoro è la località perfetta per misurare la febbre, ormai endemica, della nautica tricolore. Quattro marine, 2.500 posti barca che raddoppiano se si considera il comprensorio, tra i più importanti d'Italia. E, a quanto pare, anche uno dei più tartassati dal fisco. Paola Piovesana, patron della marina di Punta Faro, la più grande con 1.200 posti barca, offre un quadro ancora più crudo: «Gli abbordaggi avvengono con cadenza quotidiana. La Finanza parte dal Porto Vecchio, attraversa il Canale, entra in mare aperto, poi può decidere se puntare verso Grado e Trieste o scendere in direzione Bibione e Jesolo. A quel punto scattano i controlli, con raffiche di domande. Più di una vota il blitz mette in moto l'accertamento vero e proprio, perché secondo i militari il valore del motoscafo o della yacht non è compatibile con i redditi dichiarati. Alcuni clienti si sfogano con me: quest'anno da giugno ci hanno già controllato due volte».

Si sa, nell'immaginario collettivo le barche, anche quelle da 10 metri, sono sinonimo di lusso, di agio, di sfrontatezza. «Un mio cliente – aggiunge Piovesana – voleva comprarne una e aveva già versato una caparra da 10mila euro. Ma il commercialista gli ha detto in sostanza “lei è pazzo, cosi si espone ad accertamenti senza fine”. Ha perso la caparra e disdetto l'acquisto».

Fino al 2011 la nautica italiana godeva di buona salute: «È stato Monti a colpirci a tradimento introducendo la tassa di stazionamento – spiega Rodeano – quell'imposta esagerata ci ha massacrato. In contemporanea sono scattati i blitz dell'Agenzia delle Entrate. Arrivavano qua 10 ispettori. Cinque controllavano i documenti in ufficio, gli altri raggiungevano gli yacht e iniziavano gli interrogatori. Ad un certo punto mi sono scocciato e ho detto loro: “Potreste almeno rinunciare a questa messinscena. Se volete i dati, sono qua nella chiavetta. Eccola”».

A quanto raccontano gli imprenditori di questo lembo di Friuli al confine con il Veneto, il settore non si è più ripreso. Troppi problemi. Troppe difficoltà. Troppi pregiudizi in troppo poco tempo: «Per un certo periodo – riprende Piovesana - abbiamo avuto le visite della Guardia di finanza. Arrivavano nel week end e bombardavano di domande, con tanto di questionario, i nostri clienti che magari erano venuti in auto da Milano e speravano di poter trascorrere 48 ore di relax fra le onde». E invece ecco i quesiti su reddito, valore, proprietà. Carte, verbali e una buona dose di inquietudine spalmata su una vacanza orami rovinata. «Adesso – nota l'imprenditrice - i questionari sono andati in pensione e i controlli si sono spostati fuori, in mare aperto, nel'Adriatico. La Finanza ha due motovedette e un gommone. Escono e abbordano. È cambiato il sistema, ma non è cambiato niente».

O meglio, sono cambiati i numeri della nautica: a Punta Faro è sparito il 20 per cento delle barche. «I più grossi - conclude Piovesana – mi hanno fatto bye bye e si sono trasferiti in Croazia o in Montenegro. Per noi è un danno gravissimo». Un danno che a cascata colpisce tutta la filiera: «Io – sintetizza Rodeano - ho 350 posti e fino a qualche anno fa avevo una lista d'attesa equivalente. Oggi riempio a stento il porto e mi accorgo che a soffrire con noi è tutto l'indotto. La cantieristica. I ristoranti. I negozi d'abbigliamento. La nautica ha il moltiplicatore più alto fra tutti i comparti dell'industria. Un posto di lavoro ne genera altri sette.

Ora li sìtiamo solo perdendo».

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