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Altro che giustizia a orologeria. Il Pd è sommerso dai processi

La superiorità morale della sinistra è un mito ormai tramontato. Da Mafia Capitale, la "madre" di ogni scandalo, alle procure di tutta Italia: sono centinaia i dem indagati

Altro che giustizia a orologeria. Il Pd è sommerso dai processi

Povero Enrico Berlinguer, sepolto assieme alla «questione morale» del Pci e alla rivendicazione della presunta superiorità della sinistra. Altri tempi, altre persone. Non vengono neppure più chiamati «compagni che sbagliano»: ormai nel Pd non è questione di un errore individuale o di tanti casi isolati. Il coinvolgimento del partito di Matteo Renzi in decine di inchieste in tutta Italia, con centinaia di tesserati indagati comprese alcune figure di primo piano, non descrive un insieme di «mariuoli» isolati ma un sistema. Un modo di agire diffuso e radicato, altro che «giustizia a orologeria».

La «madre» di questi scandali è Mafia Capitale che ha portato alla caduta della giunta di Roma guidata da Ignazio Marino, anche lui indagato ma per altre vicende. Non c'è livello del Pd del Lazio che non sia coinvolto in Mafia Capitale, dagli uomini ombra di «big» democratici (come Luca Odevaine e Maurizio Venafro) ai presidenti dell'assemblea capitolina e di municipi periferici, da assessori (Daniele Ozzimo) ai semplici portaborse di partito fino ai capi delle coop rosse che strappavano appalti a colpi di mazzette.

Le accuse sono pesantissime e alcune condanne di primo grado sono già arrivate. L'altro grave scandalo che ha travolto il Pd romano è quello che ha portato alla condanna in primo grado del senatore Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita. Qui si tratta di rimborsi elettorali percepiti indebitamente.

Decine di consiglieri regionali del Pd (come di quasi tutti i partiti) sono finiti nei fascicoli di inchiesta sulle spese pazze delle Regioni. Tra loro compaiono parecchi parlamentari che nel frattempo hanno fatto il salto dalle periferie a Montecitorio e Palazzo Madama. Alcuni ne sono usciti subito, altri finiranno a processo: è il caso di Francesca Barracciu, che dopo il rinvio a giudizio ha dovuto dimettersi dalla carica di sottosegretario alla cultura del governo Renzi.

Metà della vecchia giunta della Liguria, compreso l'ex governatore ed ex ministro Claudio Burlando, è indagata per disastro ambientale colposo nell'inchiesta sull'inquinamento della centrale a carbone di Vado Ligure della Tirreno Power (che ha gravitato a lungo nell'orbita degli interessi finanziari della famiglia De Benedetti). E per restare in Liguria, le alluvioni degli ultimi anni hanno travolto anche l'ex sindaco di Genova Marta Vincenzi e l'ex assessore Raffaella Paita.

Filippo Penati, un tempo braccio destro di Pier Luigi Bersani, è uscito grazie alla prescrizione (ma all'inizio aveva promesso che non se ne sarebbe avvalso) dal processo per corruzione e concussione: il pm gli aveva contestato «gravissimi episodi» per presunte tangenti nell'ambito del cosiddetto «sistema Sesto». Un caso di finanziamenti irregolari a una coop, presieduta - forse non a caso - dal fratello, ha portato alle dimissioni di Vasco Errani da governatore dell'Emilia Romagna e successivamente al processo per falso ideologico: è lo scandalo Terremerse svelato dal Giornale. Assolto in primo grado, Errani è stato condannato in appello ma la Cassazione ha ordinato di ritornare davanti al giudice di secondo grado.

Non c'è angolo d'Italia risparmiato da indagini riguardanti qualche amministrazione targata Pd, compresi grossi comuni. Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, è stato arrestato nell'inchiesta sui fondi neri del Mose, il sistema di dighe contro l'acqua alta. A Brindisi il primo cittadino Mimmo Consales è finito ai domiciliari accusato di aver preso tangenti per un'inchiesta sulla gestione dei rifiuti. Nella Firenze di Matteo Renzi sono stati condannati due ex assessori e l'ex capogruppo in consiglio comunale per appalti di opere pubbliche.

In Sicilia la magistratura ha indagato l'ex senatore Vladimiro Crisafulli per una serie di reati che vanno dall'apertura abusiva di un'università all'abuso di ufficio per il trasferimento di un prefetto: in questo fascicolo compaiono anche i nomi del viceministro Filippo Bubbico e del ministro Angelino Alfano (che però è del Nuovo centrodestra).

Accuse di contiguità con la 'ndrangheta hanno portato alle dimissioni del sindaco di Brescello, il paese di don Camillo e Peppone. E dimissioni ben più eccellenti, quelle del ministro Federica Guidi, sono state provocate dall'inchiesta sul petrolio in Basilicata che riguarda anche il sindaco pd di Corleto Perticara. In Piemonte si indaga su firme false raccolte per la campagna elettorale delle ultime regionali.

Ma è la Campania la regione degli «impresentabili», dove i pm stanno facendo luce sui guasti delle giunte rosse, e in molti casi su presunti legami con il crimine organizzato, da Ischia (tangenti da una coop rossa) a Villa Literno, da Ercolano a San Giorgio a Cremano, da Casavatore a Villa di Briano fino all'arresto, l'altro giorno, del sindaco di Santa Maria Capua Vetere.

E non dimentichiamo il governatore Vincenzo De Luca, che ha in corso due procedimenti penali e uno contabile.

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