Cena con patrimoniale. Dopo l'incontro, ieri sera a Bruxelles, tra il premier Giuseppe Conte e il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker è tornata ad addensarsi sull'Italia l'ombra di una nuova tassa sulla ricchezza. Con la bocciatura della «manovra del popolo», l'Ue sta per avviare una procedura d'infrazione sul debito italiano. Una misura che avrebbe effetti disastrosi per i conti pubblici e consiste sostanzialmente in tre sanzioni: una multa pari allo 0,5% del Pil, il blocco dei fondi strutturali europei all'Italia (pari a circa 70 miliardi di euro), lo stop ai prestiti da parte della Banca Europea degli investimenti, la fine dell'acquisto di titoli di Stato da parte della Bce. E, oltre a tutto questo, potrebbe essere necessaria l'applicazione di un'ulteriore imposta patrimoniale.
«Sono già una quindicina le imposte patrimoniali che gli italiani sono costretti a pagare ogni anno - sottolinea Paolo Zabeo, coordinatore del Centro Studi dell'associazione delle piccole e medie imprese Cgia di Mestre - Nel 2017 tra l'Imu, la Tasi, l'imposta di bollo, il bollo auto, abbiamo versato al fisco 45,7 miliardi di euro». Per la Cgia si tratta di patrimoniali perché «imposte di possesso sui nostri beni mobili, immobili e sugli investimenti finanziari in termini nominali». Prosegue Zabeo, precisando come su queste tasse, rispetto al 1990 «il gettito è aumentato del 400 per cento, mentre l'inflazione è cresciuta del 90 per cento. In buona sostanza, in oltre 25 anni abbiamo subito una vera e propria stangata». Un colpo alle tasche di piccoli e medi imprenditori. Come ricorda la Cgia, infatti, quasi la metà del gettito totale è ascrivibile all'applicazione dell'Imu/Tasi sulle seconde/terze case, sui capannoni, sui negozi e sulle botteghe artigiane.
Paolo Mason, segretario della Cgia, ricorda come negli ultimi anni il peso del fisco si sia un po' alleggerito: «Dal 2016 le famiglie e le imprese beneficiano dell'abolizione della Tasi sulla prima casa, dell'Imu agricola e dell'Imu sugli imbullonati. Queste misure, approvate dall'allora governo Renzi, ci hanno permesso di risparmiare - continua Mason - poco più di 4 miliardi di euro all'anno». Ma, secondo l'associazione, si è trattato soltanto di «una leggera boccata d'ossigeno che, comunque, risulta essere ancora insufficiente visto che l'incidenza del prelievo sul Pil ascrivibile alle patrimoniali è al 2,7 per cento».
Le tasse patrimoniali, che gravano sulla ricchezza posseduta dai cittadini, sono in totale 14: l'imposta di registro e sostitutiva, le imposte di bollo, l'imposta ipotecaria, i diritti catastali, l'Ici/Imu/Tasi, il Bollo auto, il canone Radio Tv, l'imposta su imbarcazioni e aeromobili, l'imposta sulle transazioni finanziarie, l'imposta sul patrimonio netto delle imprese, le imposte su successioni e donazioni, l'imposta straordinaria sugli immobili, sui depositi e quella sui beni di lusso. Una selva di balzelli che già colpisce case, terreni, auto, moto e investimenti finanziari.
Tra tutte le patrimoniali, quelle che incidono di più sui risparmi degli italiani sono l'Imu e la Tasi (21,8 miliardi di gettito), il bollo auto (6,7 miliardi), l'imposta di bollo (6,3 miliardi) e l'imposta di registro (5,3 miliardi).
A livello storico, dal 2010 al 2017, c'è stata un'impennata di tasse corrispondente all'insediamento del governo tecnico di Mario Monti nel 2012.
In quell'anno, rispetto al 2011, il peso della tassazione patrimoniale è cresciuto di 12,8 miliardi di euro, pari a un aumento del 40 per cento se confrontato con l'ultimo esecutivo Berlusconi. E ora i gialloverdi del «cambiamento» potrebbero battere il record del professore con il loden.
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