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Altro flop del governo. I gialloverdi archiviano anche la "pace fiscale"

Salvini: pagheremo meno tasse. Ma i grillini ora frenano sul piano di chiudere le liti con Equitalia

Altro flop del governo. I gialloverdi archiviano anche la "pace fiscale"

Era uno dei provvedimenti più attesi del governo del cambiamento, il «motore» di tutte le proposte innovative in grado di finanziare flat tax e superamento della legge Fornero. E invece niente. Sembra che, almeno per il momento, la pace fiscale sia stata accantonata. Le proposte che soprattutto la Lega aveva fatto filtrare avevano sicuramente incuriosito il grande pubblico suscitando apprezzamento. D'altronde, l'applicazione di tre aliquote molto basse (6, 10 e 25%) per chiudere i conti con il fisco tramite il «saldo e stralcio» che avrebbe consentito l'estinzione dei propri debiti appariva una suggestione confortante considerato il rapporto difficile tra cittadini e Agenzia delle Entrate.

Eppure, secondo quanto anticipato ieri da Italia Oggi, il governo e, in particolare, il ministero dell'Economia, Giovanni Tria, starebbe vagliando una mezza retromarcia. Di sicuro sarebbe stato difficile incassare i 55 miliardi di euro cui aveva accennato più volte il sottosegretario Armando Siri (consigliere del Carroccio in materia di flat tax), ma l'obiettivo inizialmente dichiarato dal Tesoro era portare a casa almeno 3,5 miliardi.

Qualcosa deve essersi inceppato negli ingranaggi se il cambiamento di rotta ora è un'opzione concreta. Il progetto all'attenzione del ministro Tria sembra ricalcare le precedenti esperienze che hanno caratterizzato i governi Renzi e Gentiloni articolandosi attraverso differenti istituti già sperimentati come l'accertamento con adesione. Se la contestazione non è stata ancora effettuata, il contribuente può mettersi in regola versando tra il 15 e il 20% dell'imponibile non dichiarato. In caso di accertamento, invece, sarebbe praticato lo sconto di interessi e sanzioni. Il quotidiano ha invece confermato le indiscrezioni circa la possibilità di chiudere le liti fiscali con sconti tra il 50 e l'80% a seconda del grado di giudizio nel caso in cui il ricorrente abbia prevalso una o due volte in commissione tributaria. Possibile anche una voluntary disclosure-ter su cassette di sicurezza e capitali all'estero non dichiarati mediante l'applicazione di un'aliquota compresa tra il 15 e il 20%, purché i capitali vengano reinvestiti in Italia in titoli di Stato o in altri asset indicati dal governo. Insomma, un «prestito forzoso» a fin di bene per collocare con i capitali di rientro i Btp a rischio speculazione finanziaria internazionale. È tutta da dimostrare, però, la convenienza a regolarizzare gli attivi portati all'estero se il prezzo da pagare è convertirli in buoni del Tesoro. Anche se occorre rilevare come una tale formulazione, in quanto radicatasi nella consuetudine, sarebbe esposta a un minor rischio di bocciatura della Consulta.

Dietro queste ipotesi non si può non intravedere un ulteriore segnale di tensione tra Lega e M5s in materia di Fisco. I pentastellati sono sempre stati molto contrari a condoni e sanatorie e, in qualche modo, stanno cercando di stoppare l'iniziativa del Carroccio. Non è un caso che il presidente grillino della commissione Finanze della Camera, Carla Ruocco, intenda concentrare l'attenzione della «pace fiscale» sui ruoli difficilmente recuperabili dalle Entrate pari a 360,5 miliardi (41% dei ruoli da riscuotere) dovuti da soggetti falliti, da persone decedute, da imprese cessate o da soggetti che risultano nullatenenti. «Sarà una manovra rispettosa di tutte le regole, che farà pagare meno tasse agli italiani», rassicurava ieri Salvini.

Obiettivo: non tradire le aspettative.

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