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Anche Fi firma i referendum. E le toghe rosse boicottano

Tajani conferma l'adesione azzurra, la Lega ringrazia. Quel fronte da Davigo ad Albamonte: "Quesiti pessimi"

Anche Fi firma i referendum. E le toghe rosse boicottano

Il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani, lo aveva annunciato e gli azzurri ieri hanno dato l'ok per i sei referendum proposti da Lega e Radicali.

Un primo passo verso la federazione dei partiti di centrodestra che potrebbe portare un cambiamento importante nel Paese.

Non ha tardato ad arrivare la dichiarazione di Matteo Salvini, che ha tenuto a dire: «Ringrazio l'amico Tajani e con lui il presidente Berlusconi e tutta Forza Italia per il sostegno ai 6 referendum sulla Giustizia Giusta, una battaglia di libertà e democrazia che coinvolgerà milioni di cittadini italiani». Tajani ha assicurato che il suo partito aiuterà anche per la raccolta delle firme, che prenderà il via il prossimo 2 luglio.

Ma è già scontro con le toghe rosse, sul piede di guerra contro i referendum. Eugenio Albamonte (segretario di Area, la corrente progressista della magistratura) intervistato da Klaus Davi per il talk KlausCondicio in onda su Youtube, tenta di demolire quanto proposto da Lega e Radicali: «Non ce n'è uno migliore, sono tutti pessimi i quesiti proposti dal referendum Radicali Lega, un po' anche perché nascono da un'ondata emotiva fortemente critica, viste alcune vicende emerse che hanno caratterizzato negativamente la magistratura. Propongono delle soluzioni che non risolvono il problema. Hanno un taglio punitivo nei confronti dei magistrati e non hanno nessun rilievo dal punto di vista del miglioramento della situazione».

Il magistrato, notoriamente di sinistra, prosegue: «I reati di corruzione degli amministratori pubblici verrebbero agevolati da questi referendum perché se passassero non consentirebbero di impedire con la custodia cautelare la ripetizione del reato. C'è anche un quesito che riguarda le legge Severino rispetto alla quale il soggetto politico colpito da una condanna potrebbe tranquillamente ricandidarsi o proseguire il suo mandato».

E continua lanciando accuse precise: «Gli amministratori mafiosi o in odor di mafia, se passasse il quesito sulla custodia cautelare, rimarrebbero al loro posto salvo i provvedimenti che l'amministrazione volesse adottare di tipo amministrativo di spostarli temporaneamente o sospenderli».

Nei giorni scorsi anche Piercamillo Davigo aveva attaccato sui referendum. Sul Fatto quotidiano aveva scritto: «Salvini vuole delinquenti liberi».

Per lui se passassero i referendum potranno essere sottoposti a misura cautelare solo coloro per cui sussiste il «concreto e attuale pericolo che costoro commettano gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata».

A controbattere alle accuse delle toghe rosse l'avvocato Giuseppe Rossodivita, segretario del comitato Radicale per la Giustizia: «Il loro - chiarisce - è un attacco che parte dalla consapevolezza e dal timore generato dal fatto che la gente ha conosciuto, ha saputo, e il loro timore è che le persone sapranno regolarsi di conseguenza. Ci sono gli organi preposti a verificare la costituzionalità o meno dei quesiti, la loro legittimità e poi sopra alla testa di tutti e di ciascuno c'è l'articolo 75 della Costituzione». E tiene a dire: «Speriamo che la Corte costituzionale non dia vita a un'ulteriore giurisprudenza creativa rispetto a quella già maturata sui temi referendari». Sulle dichiarazioni di Albamonte non usa mezzi termini: «Gli amministratori in odore di mafia è un termine atecnico, giornalistico, non mi pare abbia cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico, mentre ce l'ha il diritto di voto dei cittadini.

Ci saranno le campagne elettorali nelle quali gli avversari di eventuali amministratori condannati potranno sostenere le loro motivazioni e poi saranno gli elettori a scegliere, non l'Anm».

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