Cronache

Anziani e disabili. Ora è il dramma degli sfollati "Il fiume si è preso la nostra vita"

I racconti di chi è stato accolto nel centro Caritas di Senigallia "Ora è come nel 2014, l’odore del fango non te lo levi più di dosso"

Anziani e disabili. Ora è il dramma degli sfollati "Il fiume si è preso la nostra vita"

E da dove riparti quando il fango si è prende casa tua? Quando il letto galleggia in mezzo alla stanza e capisci che tutti gli oggetti della tua vita sono irrecuperabili? Riparti da un pasto e da una coperta calda. Perché quell'umidità è insopportabile dopo qualche ora. Ti infradicia abiti e anima. «È lo stesso odore di terra dell'altra volta, non te lo levi più di dosso» è rassegnato Giovanni, 60 anni, che aveva già vissuto l'alluvione del 2014.

Gli sfollati accolti dal centro della Caritas di Senigallia hanno gli sguardi smarriti, sono spaesati e parlano a fatica. Soprattutto i più anziani, tra cui anche tanti disabili. Aspettano in un angolo di essere chiamati per una stanza in albergo o per essere accompagnati alla Rsa. Fisicamente stanno bene ma hanno il cuore a pezzi. A 80 anni restringi il perimetro della tua vita a un paio di stanze e a quattro vie del tuo quartiere. Non te la senti proprio di rivoluzionare tutto. Eppure.

Lucia, 81 anni, si presenta da don Davide Barazzoni con addosso solo una vestaglia bagnata e le pantofole da strizzare. «Non sapevo dove andare - racconta un po' smarrita e con la cadenza marchigiana d'altri tempi - Ma in casa non potevo proprio stare. Con me i volontari sono stati così carini. Mi hanno anche lavato i piedi con l'acqua calda». Nel pomeriggio arriva a prenderla una parente, che non vedeva da anni e che ora si occuperà di lei.

Pietro e Carla, 80 anni abbondanti, sono fidanzati da quando di anni ne avevano 15. Sono scappati per tempo. Non appena a Senigallia è scattato l'allarme, sono usciti dalla loro casa (a ridosso del fiume) con quattro cose. Arrivano al centro sfollati con un sorriso delicato: «In fondo ce l'abbiamo fatta, e siamo ancora assieme. Certo è un peccato - scherza lei - avevamo appena cambiato i mobili di casa». Nelle prossime ore si trasferiranno in qualche Rsa della zona: «Ovunque - chiedono - ma vi prego, lasciateci assieme».

Tra le persone soccorse ci sono anche Annamaria e Alessandro, sulla sedia a rotelle, una coppia sulla quarantina. «Vai pure» la guarda lui. E lei gli dà un bacio e si mette all'opera, aiutando le infermiere e le volontarie ad accudire i più anziani e ad apparecchiare la tavola. «Non riesco a stare ferma - dice - e quel poco che posso fare lo faccio. Sa, l'unica cosa bella di questi giorni è che siamo molto solidali tra di noi. È la nostra forza». E allora anche le famiglie più isolate si sentono parte di un gruppo e sono meno impaurite. È quel che è capitato a Elena e Valerio, genitori di due bimbi, di 8 mesi e di 3 anni. «Ci siamo trasferiti da poco, qui non conosciamo nessuno e non sappiamo dove andare».

A parte loro, tutti hanno già vissuto l'alluvione del 2014 e sanno bene cosa vuol dire: «Le case sono perse, la muffa non se ne va più dai muri e, anche dopo mesi, il fango esce dappertutto, anche dal forno» racconta una volontaria. Memori del disastro di otto anni fa, stavolta molti hanno messo in salvo le auto. «A Senigallia l'allerta è arrivata per tempo e la gente ha spostato l'auto dai garage. Nei paesi invece non è arrivato l'allarme e l'ondata è stata improvvisa. Ci aspetta un inverno davvero duro e i negozianti non sanno nemmeno se riapriranno». «Fino all'altro giorno ero in ansia per la bolletta della luce e del gas - riflette amaro Giovanni, 60 anni, seduto mesto su una sedia per non disturbare il via vai dei soccorsi - Ora non ho più né lampadario, né fornello.

E nemmeno la cassetta della posta dove ricevere la bolletta».

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