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Appalti, Draghi apre ai sindacati. Ma sul Recovery deciderà tutto lui

Il premier accontenta la sinistra eliminando le norme sul massimo ribasso (e anche Salvini è soddisfatto). Però accentra la governance del Pnrr e non cede sul blocco dei licenziamenti

Appalti, Draghi apre ai sindacati. Ma sul Recovery deciderà tutto lui

Un maxi decreto per mettere in moto la macchina del Recovery plan mantenendone saldamente la guida in capo a Palazzo Chigi. Il Pd, che sullo sblocco dei licenziamenti era stato bruscamente rimesso in riga da Mario Draghi, esce dalla cabina di regia di ieri segnando qualche punto. C'è una frenata nella liberalizzazione degli appalti prevista dalle precedenti bozze del Dl Semplificazioni. Non pare casuale che a saltare siano l'eliminazione del tetto massimo ai subappalti e il criterio del massimo ribasso nell'aggiudicazione delle gare, due dei punti su cui di più hanno insistito i sindacati nei giorni scorsi con il Pd pronto a farsene portavoce presso il presidente del Consiglio.

Per rendere il tutto più esplicito, ieri a cabina di regia ancora in corso Andrea Orlando e Roberto Speranza avevano fatto trapelare di aver chiesto a Draghi di incontrare i sindacati. Un faccia a faccia che è poi avvenuto nel pomeriggio. Per i dem, dunque, una boccata d'ossigeno in un momento di grande difficoltà politica. E per la maggioranza un colpo di timone assestato da Draghi utile a sedare le fibrillazioni degli ultimi giorni. Significativo che sullo stop al criterio del massimo ribasso, non amato dalle imprese, «noi siamo sempre stati contrari», dice il presidente dell'Ance Gabriele Buia, il centrodestra non faccia barricate. Anzi, Matteo Salvini addirittura esprime il gradimento: «Come Lega esprimiamo grande soddisfazione, non si parlerà più di appalti al massimo ribasso per le opere pubbliche, che non tutelano l'interesse collettivo e nemmeno quello delle imprese sane». Più problematica la mancata liberalizzazione dei subappalti: «Auspico un ripensamento che vada incontro alle richieste dell'Europa e agli interessi delle Pmi - dice la deputata azzurra della Commissione lavori pubblici Erica Mazzetti - se così non fosse resta sempre la possibilità di intervenire in Parlamento». Per Forza Italia, del resto, c'è anche la soddisfazione di aver tracciato, con il ministro Renato Brunetta, la strada di un accorpamento del decreto semplificazioni con quello sulla governance, linea accolta dal premier che consentirà di fare un passo avanti, dopo tante resistenze, verso l'attuazione del Pnrr nei tempi richiesti da Bruxelles.

Ma nel bilancio della giornata a spiccare è soprattutto la sensibilità politica della mediazione di Mario Draghi. Difficile non leggere nello stralcio delle norme più simbolicamente rilevanti un assist a un Pd sempre più irrequieto. Il premier riesce così a compattare, almeno per ora, una maggioranza scossa da notevoli fremiti a sinistra. La debolezza del Movimento 5 stelle impelagato nella battaglia legale interna con Davide Casaleggio e nel tentativo di consolidare la leadership di Conte hanno mandato in crisi l'intera strategia di Enrico Letta. Con le mosse di ieri, l'abbraccio con il segretario dei dem, l'incontro con i sindacati e le concessioni simboliche a sinistra sugli appalti, Draghi evita di veder esplodere il lato sinistro della maggioranza. In cambio delle minori liberalizzazioni, concentra su Palazzo Chigi un potere determinante di accelerare le opere del Pnrr.

Non solo la Presidenza del consiglio sarà la sede della cabina di regia per la gestione dei fondi europei, ma la bozza del decreto sottoposta ieri all'esame del preconsiglio dei ministri le attribuisce il potere di commissariare qualunque pubblica amministrazione che non rispetti la tabella di marcia. Ancora una volta, si capisce che Draghi sta concentrando ogni sforzo per mettere in sicurezza l'attuazione del Pnrr. Ecco perché sono in molti nella maggioranza a pensare che il desiderio di Mario Draghi di traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale sia tutt'altro che scontato.

Ieri il premier si è anche prestato al rito dell'incontro con i sindacati, al termine del quale il segretario generale della Cgil ha potuto gioire per le concessioni sugli appalti e per l'apertura a un coinvolgimento delle parti sociali nella cabina di regia del Pnrr. Ma sullo sblocco dei licenziamenti Maurizio Landini ha trovato il premier irremovibile.

E ha incassato: «Ancora nessuna risposta dal governo».

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