Da una parte c'è la politica, che in queste giornate confuse cerca di trovare una sintesi difficile. Dall'altra parte, ci sono le associazioni di categoria (con un anglismo si direbbe gli stakeholder) pronte a tutelare i propri interessi senza agganciarsi a nessun carro di partito, a differenza di quanto accadeva nella Prima Repubblica.
Quello che è accaduto ieri sulla riforma del catasto contenuta nel ddl delega fiscale è emblematico della situazione. Dopo l'ennesima rassicurazione del premier Draghi al recalcitrante leader leghista Salvini («Non è una patrimoniale», il governo «non aumenterà le tasse né toccherà le case degli italiani»), il capo del Carroccio ha aperto a un intervento «sulla rendita attualizzata della casa e sull'adeguamento periodico del valore patrimoniale». Ma Giorgio Spaziani Testa (in foto), presidente di Confedilizia (l'associazione dei proprietari immobiliari) tira dritto sul proprio sentiero. «Nessuno pagherà di più perché l'intervento viene rimandato» al 2026, spiega al Giornale. Il problema della delega? «Uno: non ci doveva essere il catasto come deciso il 30 giugno dalle commissioni Finanze di Camera e Senato. Due: spero sempre che il riferimento venga tolto con l'opposizione della Lega e anche di Forza Italia che si era dichiarata contraria, ma se così non fosse spero che si possa intervenire inserendo principi e barriere tali da limitare la libertà dell'Agenzia delle Entrate stabilendo un sistema non a imposizione patrimoniale tale da favorire il rispetto di principi del catasto che sono quelli della capacità di reddito di un immobile», argomenta.
Anche la prevista introduzione di un'aliquota unica sui redditi da capitale inclusi quelli investiti negli immobili è fonte di ansia. «Si parlava di adeguare le aliquote al 23% del primo scaglione Irpef, ma temiamo che possa essere minata una misura come la cedolare secca (al 21%; ndr) sugli affitti abitativi introdotta dal governo Berlusconi nel 2011 e che è essenziale per mantenere l'offerta abitativa», prosegue Spaziani Testa, preoccupato anche che si tocchi «l'aliquota del 10%: sarebbe uno schiaffo ai contratti a canone calmierato». Ma anche l'orizzonte del 2026 (o del 2023 per l'attuazione della delega) non cambierà molto nei rapporti di Confedilizia con la politica. «Noi guardiamo a quello che accade giorno per giorno e non è che ci dobbiamo schierare politicamente: siamo un'associazione di categoria, ci confrontiamo con tutti i partiti e a tutti presentiamo le istanze della proprietà immobiliare», conclude.
Lo stesso concetto è stato espresso ieri dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. «Non guardo all'aspetto politico, ma è interessante capire i contenuti dei provvedimenti», ha detto indicando tra le priorità della delega il taglio del cuneo fiscale che «è uno dei grandi problemi di competitività del costo del lavoro delle imprese italiane» e «l'abbattimento dell'Irap» che non «deve essere una riforma a saldo zero».
Lo stanziamento? «Spero che ci saranno le risorse necessarie», ha tagliato corto. Insomma, il metodo è lo stesso che ha caratterizzato l'ultima tornata delle amministrative. Non si guarda più alle appartenenze ma alla sostanza dei fatti, cioè ai risultati.GDeF
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