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Appendino eletta con l'aiutino "illogico" dei giudici

Il Pg ricorre in Cassazione contro l'assoluzione che ha permesso alla grillina di candidarsi

Appendino eletta con l'aiutino "illogico" dei giudici

Torino. «Sentenza illogica e contraddittoria». Così, nel suo ricorso in Cassazione, la procura generale ha bollato l'assoluzione di Chiara Appendino, accusata di falso ideologico, quando era sindaco della città di Torino. Un'assoluzione provvidenziale, arrivata a metà maggio e che ha permesso all'esponente di spicco del Movimento Cinque Stelle di candidarsi alle elezioni politiche, dove è stata eletta in Parlamento. Ma proprio mentre Appendino ha le valige pronte per trasferirsi a Roma, arriva la richiesta di ulteriori spiegazioni, da parte del sostituto procuratore Gian Carlo Avenati Bassi e il procuratore generale Francesco Saluzzo.

La vicenda riguarda l'area ex Westinghouse: nel 2012 Ream - partecipata di Fondazione Crt - acquisì il diritto di prelazione sulla zona dove forse sorgerà il nuovo centro congressi di Torino. Versò al Comune una caparra di 5 milioni. A fine 2013 la Città aggiudicò ad Amteco-Maiora il progetto, incassando una parte dei 19,7 milioni offerti dai privati. A questo punto avrebbe dovuto decurtare i cinque milioni da restituire a Ream, ma non è andata così: la somma non è stata versata, né iscritta a bilancio. Il Comune dunque, secondo la procura, avrebbe garantito l'equilibrio del bilancio del 2016 attraverso un falso, ossia conteggiando un credito ma non il rispettivo debito.

A settembre del 2020, in primo grado, l'ex sindaco era stata condannata a sei mesi per falso ideologico. Per i giudici di Appello, però, si trattava di «un errore sì, ma in buona fede» e cosi, mancando alla base cioè che i legali di Appendino avevano definito «il profilo soggettivo della condotta, cioè il dolo», tutti gli imputati sono stati assolti. Ora però i magistrati della procura generale, storcono il naso su quella sentenza che ha offerto una via di fuga a Chiara Appendino che sì, poverina, avrà anche sbagliato, ma non lo ha fatto apposta. Il ricorso della Procura generale non solo riapre il processo, ma riapre anche la diatriba interna al partito passato di mano a Conte, sull'opportunità o meno di chi è indagato di dimettersi e lasciare incarichi e Movimento.

Perché se non ci fosse stata l'assoluzione in Appello, per i grillini duri e puri, Chiara Appendino non avrebbe potuto neppure candidarsi, mentre ora è in lista per la vicepresidenza della Camera.

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