Chissà perché in Italia se un calciatore viene pagato decine di milioni di euro, nessuno ha nulla da obiettare. Se invece una star, che fa altrettanti gol che in tv si chiamano punti di share, viene coperta di denari si inneggia alla forca e si sprecano parole come «vergogna». Certo, si obietterà, i soldi per i divi della Rai li paga il cittadino con il canone e quindi, se lo ritiene, è giusto che protesti. Però, il sentimento popolare non può travolgere tutto: come è giusto perseguire chi spreca, ruba o regala commesse, è altrettanto giusto pagare il dovuto a chi ben lavora e, ancor più, a chi grazie al suo talento porta risultati d'ascolto e, di conseguenza, introiti sonanti che non derivano dal canone ma dalla raccolta pubblicitaria. Insomma, dovrebbe essere il mercato a stabilire il valore di un «campione», anche per un'azienda pubblica, ma particolare, come la Rai. E questo, lasciatecelo dire, dovrebbe valere sia per gli artisti sia per i manager (preparati e onesti, s'intende). Premessa, questa, per spiegare la presa di posizione dell'altro giorno del Cda della Rai: non avendo ancora ricevuto, nonostante le numerose sollecitazioni, una risposta definitiva né dall'azionista e cioè il Governo né dal Parlamento, sulla questione, i consiglieri hanno stabilito che a partire da aprile anche alle star, come avviene da novembre scorso per tutti i dipendenti e collaboratori, verrà applicato il tetto di stipendio di 240.000 euro annui. Insomma, i vertici Rai non hanno nessuna intenzione di abbassare i cachet, perché temono l'impoverimento dell'azienda e il fuggi fuggi dei volti simbolo della tv di Stato. Ma lo faranno se non riceveranno risposte precise dal legislatore per non incorrere in possibili sanzioni.
Per fare qualche esempio: Antonella Clerici si vedrebbe diminuire il cachet di ben un milione e 260mila euro, altrettanto Insinna e ancor di più Fabio Fazio. Ma ve li vedete ad accettare un trattamento simile? Se ne andrebbero a gambe levate a Mediaset, Sky o Discovery (broadcaster quest'ultimo a caccia di pubblico e di star). E ne avrebbero anche ragione: chi più, chi meno (bisogna ricordare che il successo di una trasmissione dipende da molti fattori, non solo dal conduttore) sono gli alfieri dei programmi più seguiti e amati dal pubblico italiano. Per esempio la bionda Antonella: all'ora di pranzo, nonostante l'età avanzata della Prova del cuoco, riesce ancora - tutti i giorni - a mettere davanti ai fornelli un milione e 800mila persone. Venerdì scorso, Standing Ovation, il suo nuovo show musicale, è stato visto da più di quattro milioni di spettatori. Per Insinna, si obietterà, non si può fare lo stesso discorso perché Affari tuoi quest'anno ha subito un vistoso calo rispetto alle stagioni precedenti, ma i motivi non sono certo da addebitare allo stile di conduzione dello showman. Bruno Vespa, una colonna della tv pubblica, prende di base un milione e tre all'anno, e, con le serate in più, arriva a un milione e otto, tetto massimo del suo contratto. Un altro campione Rai da sempre portato ad esempio di compenso esagerato è Fabio Fazio. A parte le polemiche politiche, dalla sua ha risultati d'ascolto buoni visto che, alla domenica sera, con la concorrenza spietata di fiction e partite, Che tempo che fa porta a casa una media di più di tre milioni di spettatori. Ricordiamo, poi, che ha resuscitato con successo Rischiatutto e condotto due Sanremo. Certo non si è mai capito perché, anni fa, abbia strappato un cachet così alto rispetto ai colleghi: ora si aggira attorno al milione e 800mila euro l'anno, prima attorno ai due milioni. Ecco, forse, il suo stipendio è esagerato. Soprattutto se lo si confronta con quello di Carlo Conti, tre Festival di grande successo sulle spalle, un decennio alla conduzione dell'Eredità, I migliori anni e Tale e Quale show. Nonostante il diluvio di (inutili) polemiche, per Sanremo ha incassato 650mila euro (di cui centomila netti dati in beneficenza ai terremotati) e il suo stipendio annuo è di altrettanti 650mila. Gli altri colleghi più in vista, da Giletti all'Annunziata, guadagnano intorno al mezzo milione. Tutti gli altri, a scendere. Ecco, magari, limare i compensi più alti è giusto, ma non con la mannaia.
Comunque, quel che non si comprende in questa vicenda, è il pressapochismo di un
Parlamento che, sull'onda dell'indignazione popolare, vara un emendamento di sole 4 righe che lascia adito a diverse interpretazioni e che poi non risponde alle richieste di chiarimento. Si vedrà se, entro aprile, lo farà.
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