Cronache

Assalto dei pirati alla nave italiana: "Urla e spari, c'era sangue a terra"

Il commando è arrivato con due barchini, due italiani feriti. Gli attacchi in aumento

Assalto dei pirati alla nave italiana: "Urla e spari, c'era sangue a terra"

Nessun effetto speciale da saga cinematografica: i pirati dei Caraibi attaccano e fanno vittime. Un fenomeno che avanza e che preoccupa. Cifre con il segno più di anno in anno. L'ultimo arrembaggio ieri, un commando di sette, forse otto pirati nel Golfo del Messico contro la «Remas», una nave italiana del gruppo italiano Micoperi di rifornimento per le piattaforme petrolifere offshore. Due i feriti italiani nell'assalto, uno colpito da un oggetto contundente alla testa ed uno ferito da un colpo d'arma da fuoco al ginocchio e fortunatamente non sono in pericolo di vita. Il primo ufficiale Alessandro Fiorenza, racconta i momenti drammatici in cui è riuscito a prestare soccorso a uno dei marinai feriti mentre il gruppo di pirati era a bordo: «C'era sangue, un ragazzo a terra che mi ha detto Mi hanno sparato. Non c'erano bende così ho cercato di fermare l'emorragia con i fili del caricabatterie, ho cercato ghiaccio in cucina per metterlo sulle ferite, gli ho detto: Non preoccuparti, ti hanno preso sulle gambe. Mentre ero in cucina i pirati passavano dietro di me, non mi hanno fatto nulla, forse hanno capito che stavo soccorrendo un ferito».

I pirati sono arrivati a bordo della Remas, lunga 75 metri in navigazione con bandiera italiana, su due barchini veloci e, dopo essere saliti a bordo, hanno aperto il fuoco contro l'equipaggio, derubandolo di quanto possibile prima di fuggire. I due feriti sono stati sbarcati nel porto di Ciudad del Carmen, dove la Remas è arrivata scortata da una unità militare messicana. L'Unità di Crisi del ministero degli Esteri segue con la massima attenzione, in raccordo con l'ambasciata d'Italia a Città del Messico il caso e la procura di Roma ha aperto un'inchiesta, si procede per il reato di pirateria come previsto dal codice di navigazione.

Non è la prima volta che un'imbarcazione del gruppo italiano Micoperi, con sede a Ravenna viene presa di mira da gruppi armati: dieci anni fa, l'11 aprile 2009, la «Buccaneer» venne assaltata al largo della Somalia e i 16 membri dell'equipaggio furono presi in ostaggio per 4 mesi. La liberazione avvenne il 10 agosto, dopo un lungo lavoro diplomatico. Tre anni dopo la Micoperi tornò alla ribalta delle cronache per le operazioni di recupero e trasferimento del relitto della Costa Concordia, naufragata all'isola del Giglio la sera del 13 gennaio 2012. L'americana Titan Salvage e Micoperi riportarono a galla l'enorme relitto adagiato su un fianco e lo trainarono lentamente a Genova.

Negli ultimi anni, le acque del Golfo del Messico sono state teatro di centinaia di episodi di pirateria ai danni delle piattaforme petrolifere offshore o delle navi di supporto. «Anche se il furto di benzina, gasolio e petrolio è un fenomeno vecchio di decenni, negli ultimi quattro anni c'è stato un aumento delle attività criminali», ha ammesso a Fox News Johan Obdola, fondatore della Global Organization for Security.

Da quando è entrato in carica nel dicembre dello scorso anObrador ha promesso di fare del furto di petrolio una delle priorità per la sicurezza nazionale. A gennaio di quest'anno le autorità hanno chiuso numerosi oleodotti della Pimex (l'azienda petrolifera statale), nel tentativo di ridurre i furti e gli atti di pirateria. Ci sono i dati che danno l'idea degli attacchi: solo nel 2017 nel Mar dei Caraibi sono stati registrati 71 incidenti simili.

Un numero in crescita del 163% rispetto ai dati dell'anno precedente.

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