Un altro caso di scuola è quello delle ristrutturazioni aziendali. Il governo punta molto sul contributo delle imprese che intendono «ringiovanire» la forza lavoro e a queste chiederà di compartecipare al prestito pensionistico dei dipendenti. Sempre nel caso di un Ape al 95% della pensione, un lavoratore cui spetterebbero 2mila euro lordi mensili (circa 1.500 netti), potrebbe ottenere poco più di 1.400 euro mensili. A secondo di un maggiore o minore contributo aziendale (dal 25 al 60%), il rimborso mensile con un solo anno di anticipo potrebbe variare tra i 70 e i 90 euro, lasciando grosso modo invariata la pensione al raggiungimento dell'età pensionabile. Se l'uscita dal lavoro viene però anticipata di due o tre anni, il discorso cambia perché, se l'impresa non interviene massicciamente, il futuro pensionato rischia di perdere dai 180 ai 270 euro mensili percependo 1.200-1.300 euro netti anziché i 1.500 inizialmente ipotizzati.
Solo nel caso in cui la società integri più del 50% dell'Ape un anticipo di tre anni diventa conveniente con rate di rimborso inferiori a 150 euro mensili. Ecco perché il discorso sulle pensioni non può prescindere da quello relativo agli sgravi per le aziende, a partire da quelli sui neoassunti.
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