Attacco a Gerusalemme Camion killer fa strage Uccisi quattro militari

Un palestinese travolge i giovani in divisa poi viene abbattuto. Netanyahu: legato all'Isis

Attacco a Gerusalemme Camion killer fa strage Uccisi quattro militari

Il camion è piombato a tutta velocità su un gruppo di soldati, che avevano appena finito un giro turistico nella città vecchia, il cuore di Gerusalemme. Le immagini in bianco e nero riprese da una telecamere di sorveglianza sono drammatiche. Il mezzo pesante falcia i militari come birilli, ma il palestinese alla guida non si accontenta. Dopo il primo impatto fa retromarcia per macellare meglio i corpi già a terra e gira a semicerchio per finire i feriti o colpire altri soldati israeliani. Il bilancio è di quattro morti (tre donne in divisa), tutti sui 20 anni e 15 feriti, alcuni gravi. Dopo Nizza e Berlino tocca a Gerusalemme l'attentato con il camion killer, anche se non è una novità per Israele. In passato un terrorista ha usato anche un bulldozer per seminare morte e distruzione.

Il governo israeliano ha puntato subito il dito contro le bandiere nere sostenendo che l'attentatore palestinese era un seguace dello Stato islamico. Il gruppo integralista palestinese, Hamas, che comanda nella striscia di Gaza, ha elogiato l'atto «eroico». Un segnale che confermerebbe l'esistenza di un recente patto del diavolo fra Hamas e bandiere nere, dopo anni di feroce repressione a Gaza delle cellule del Califfo.

L'attacco è avvenuto sulla popolare passeggiata Armon Hanatziv, che sovrasta la città vecchia. Fadi al Qunbar, che sarebbe stato rilasciato dalle carceri israeliane, abita in un quartiere vicino ed è al volante del mezzo pesante a caccia delle sue prede. A una fermata vede un gruppo di cadetti israeliani che stanno salendo su un bus, non proprio in servizio, ma impegnati in un giro culturale organizzato dal comando. La strage è un attimo, ma colpisce che quasi tutte le decine di soldati armati fuggono a gambe levate. Probabilmente temono che il camion sia zeppo di esplosivo. Eytan Rond, una guardia di sicurezza civile, è il primo a far fuoco sul camion. «Ho iniziato a sparare alle gomme, ma capivo che non aveva senso, perché il camion ne aveva molte - racconta -. Allora sono corso davanti alla cabina per colpire l'uomo che guidava. Ho fatto fuori l'intero caricatore. Poi hanno iniziato a sparare anche altri militari». Così Al Qunbar, il palestinese al volante, è stato ucciso.

L'attentatore viveva Gerusalemme est. I corpi speciali hanno fatto irruzione a casa sua arrestando 9 persone compresi 5 familiari. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, giunto poco dopo sul posto, ha subito puntato il dito contro le bandiere nere: «Conosciamo l'identità dell'assalitore, secondo tutti i segnali è un sostenitore dello Stato islamico». Anche il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, è convinto che si tratti «di un attacco ispirato dall'Isis».

Abdul-Latif Qanou, uno dei portavoce di Hamas, ha elogiato l'«eroico» attacco e invitato i palestinesi ad «intensificare la resistenza». L'ala militare, le Brigate Ezzeddine al Qassam, ha emesso un comunicato: «L'operazione di Gerusalemme conferma che l'intifada non è un dato casuale e non si può far fallire in quanto rappresenta la volontà del popolo palestinese di ottenere la sua libertà».

Lo scorso settembre i servizi segreti non solo israeliani avevano fatto trapelare la notizia di un patto fra Abu Bilal al Gazaui, esponente di spicco della costola armata di Hamas e Abed Rahman Barhame emiro dello Stato islamico nella penisola del Sinai. Il nemico comune è il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. A Gaza gli uomini di Hamas avevano sterminato le cellule che si ispiravano alle bandiere nere temendo che potessero incrinare il loro potere. Se fosse confermata la pista dello Stato islamico per l'attacco di ieri a Gerusalemme, gli elogi di Hamas aprono scenari inquietanti. Non a caso il premier israeliano si è riunito con il ministro delle Difesa e i capi dell'intelligence per studiare possibili rappresaglie.

Il grave attentato insanguina Gerusalemme una settimana prima della conferenza di pace di Parigi, che dovrebbe riattivare il dialogo fra palestinesi e israeliani.

In realtà l'iniziativa sembra nata già morta. Secondo Lieberman «non è una conferenza di pace, ma un processo a Israele», che potrebbe portare a una nuova condanna degli insediamenti israeliani, dopo quella dell'Onu di fine anno riguardante proprio Gerusalemme.

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