Roma - Ad Antonio Verro non dispiace remare controvento. Consigliere di amministrazione Rai, in tempi di repentini colpi di fulmine renziani non ha esitato a guidare la rivolta contro il taglio da 150 milioni imposto all'azienda di Viale Mazzini.
Consigliere Verro, non ha paura di apparire impopolare contestando la spending review?
«Sono favorevolissimo a una seria spending review in Rai, ma rispettando regole e pluralismo».
Perché ha promosso il ricorso contro il taglio di 150 milioni?
«Si è trattato di un atto di imperio da parte di Renzi. Perfino l'Associazione delle tv pubbliche ha denunciato il rischio di una compressione dell'indipendenza. Peraltro il cda prese una posizione identica contro il decreto Zanonato che bloccava l'adeguamento Istat del canone. C'era Letta. Oggi con Renzi si è scatenata la bufera».
Il governo parla di ostilità politica.
«Ma siamo su Scherzi a Parte ? Un complotto organizzato da sei consiglieri delle più disparate provenienze, compreso il rappresentante del Tesoro? Non sta in piedi».
È arrivata il momento di cambiare la governance Rai?
«No, io a costo di essere impopolare rivendico il primato della politica».
Non crede che l'attuale legge favorisca la lottizzazione?
«Se esce la politica subentra qualcuno di sicuro peggiore. Il soggetto deputato a rappresentare l'interesse di tutti è il Parlamento, a meno che non decidiamo che l'Italia non è più una Repubblica parlamentare».
Teme che la riforma si risolva in una concentrazione di poteri nelle mani del governo?
«È evidente. Non dimentichiamoci quello che accadde con Monti che indisse una conferenza stampa e annunciò la nomina della presidente Tarantola e del dg Gubitosi, svuotando così il cda. Se lo avesse fatto Berlusconi sarebbe venuto giù il Paese. Oggi il governo rischia di creare uno squilibrio ancora maggiore».
Proprio in quei giorni caldi la Rai inviava cinque inviati in Australia al seguito di Renzi. Giusto o sbagliato?
«Mi viene da pensare che si sia trattato di un incidente non dico voluto, ma sicuramente non evitato. Le trasferte vengono sottoposte alla direzione. In ogni caso non mi scandalizza, mi interesserebbe sapere se sia stato fatto quanto possibile per contenere i costi».
Si pensa di accorpare le testate giornalistiche Rai.
«Contrario. Meglio non comprimere il pluralismo».
È favorevole alla trasparenza sui compensi dei conduttori?
«Sì. La tesi secondo cui si favorirebbe la concorrenza è pretestuosa. Io, ad esempio, vorrei sapere esattamente quanto viene pagato Giannini a Ballarò ».
Non può chiederlo alla direzione generale?
«Dovrei fare richiesta scritta e poi tenerlo riservato in quanto dato sensibile. Abbiamo 1.600 giornalisti, possiamo che non ci fosse un giovane che potesse condurre quella trasmissione?».
Luisa Todini sostiene che alcuni giornalisti Rai amano il potere ed eccedono in corporativismo.
«Non so come faccia a saperlo visto che la sua vita si è svolta fuori da Viale Mazzini, tranne che per le riunioni del cda. È sbagliato sparare sulla categoria, se ha nomi da fare, li faccia».
È favorevole al canone in bolletta?
«Sì, la quota di evasione è del 25-30%. Con questa modifica potremmo recuperare 400-500 milioni. Ne basterebbero 200-250, con il resto si potrebbe far scendere ancora il canone o esentare le fasce di reddito più basse».
Si farà in tempo per il prossimo gennaio?
«Non credo».
É favorevole alla privatizzazione della
Rai?«Rifuggo dal pensare che la privatizzazione sia bella in astratto. Va bene per le Poste, non per il servizio pubblico radiotelevisivo. E mi viene da pensare: c'è qualcuno che sta pensando di svendere la Rai?».
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