Roma Matteo Renzi non ha perso un attimo. Poco dopo l'ennesima serie di dati positivi sul lavoro sfornati dall'Istat ha prodotto un tweet molto elettorale: «I risultati contano più delle promesse». Il segretario Pd è passato all'incasso di un risultato che nel peggiore dei suoi incubi, peraltro molto probabile, andrà a beneficio di qualcun altro. Del prossimo governo e in particolare del successore di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi (che ieri ha invitato a continuare su questa strada, con «impegno e serietà, non certo» con «una girandola di illusioni».
Si sta verificando, osservavano ieri nei palazzo della politica e anche negli uffici dei tecnocrati, una situazione che la politica conosce bene. Elezioni a ridosso di un periodo che i maghi delle previsioni prevedono sarà migliore del tempo presente. Se non l'uscita definitiva dalla crisi, un momento di sollievo che gli italiani tenderanno inevitabilmente ad attribuire a chi in quel momento ha le redini del governo. Se dalle urne uscirà un vincitore, potrà contare su un dividendo extra che viene dall'economia reale.
Il dato di ieri è significativo. L'istituto di statistica ha registrato in novembre un record storico degli occupati, al top da 40 anni. Hanno toccato la quota record di 23,183 milioni di unità: si tratta del massimo dall'inizio delle serie storiche nel 1977. Il tasso di occupazione sale di 0,2 punti percentuali al 58,4%. Gli occupati risultano in aumento di 65.000 unità (+0,3%) rispetto a ottobre e di 345.000 unità (+1,5%) rispetto a novembre 2016.
In sintesi, c'è più gente al lavoro. E cala anche il tasso di disoccupazione (dato per la verità meno significativo), all'11%, lo 0,1% in meno rispetto a ottobre. I senza lavoro calano soprattutto tra i giovani.
La versione di Renzi è che «da febbraio 2014 a novembre 2017 l'Italia ha recuperato più di un milione di posti di lavoro: 1.029.000 per la precisione (di cui il 53% a tempo indeterminato)». La realtà è che se il mercato del lavoro ha ingranato la marcia è solo grazie ai contratti a tempo.
Ma poco importa. Quello che conta è che la tendenza dovrebbe restare positiva anche nei prossimi mesi. E allora, per chi non avrà responsabilità dirette di governo, sarà difficile appropriarsi dei risultai positivi.
I segnali non riguardano solo il mondo del lavoro. L'ultimo bollettino mensile dell'Istat è positivo. Il Pil continua a crescere (anche se a dicembre ha leggermente frenato) e il bilancio dell'anno è incoraggiante. È aumentata la fiducia dei consumatori, calata vistosamente negli ultimi due anni a causa del protrarsi della crisi. Sono cresciuti i redditi delle famiglie dello 0,7% in tre mesi e gli italiani sono tornati a risparmiare, dopo un anno di erosione ininterrotta delle riserve.
Un regalo al prossimo esecutivo che potrà contare su dati più positivi dell'economia reale.
Ma che dovrà anche affrontare un momento difficilissimo per i conti pubblici. Una manovra che incombe da tre miliardi per l'anno in corso e per quelli successivi, almeno 20 miliardi di impegni ereditati dagli ultimi governi. Con pochissime possibilità che l'Ue ci conceda sconti.
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