Metà degli autisti degli autobus dell'Ast, l'Azienda siciliana trasporti, che garantisce il collegamento tra i vari comuni della Sicilia, sono indagati per avere trattenuto gli incassi dei biglietti staccati a bordo dei bus. Sì ammettono i lavoratori - è vero che hanno tenuto per sé i fondi, ma secondo loro non si tratta di una frode all'azienda, rea di avere sul groppone delle mensilità arretrate da pagare ai lavoratori. Le indagini della Guardia di finanza del capoluogo dell'isola riguardano ben 75 dipendenti su 150. In un solo anno, il 2015-2016, che è stato oggetto di inchiesta da parte dei finanzieri, gli autisti sono riusciti a creare un buco di oltre 170mila euro nei conti dell'azienda, che è una delle più grandi partecipate della Regione siciliana.
In pratica i cittadini fruivano del servizio bus pagando il ticket all'autista direttamente sul mezzo (visto che in Sicilia è consentito) quando salivano a bordo e poi l'autista versava nelle casse dell'azienda solo circa la metà degli introiti. Dunque, il numero di biglietti staccati non corrispondeva all'incasso che l'autista deve versare entro 48 ore. Poi un bel giorno, dopo che il collegio dei revisori ha trovato l'ingente ammanco, l'Ast ha realizzato quanto stava accadendo. Così il consiglio di amministrazione ha presentato un esposto alla procura di Palermo, che ha delegato le Fiamme gialle perchè indagassero e smascherassero l'eventuale sistema fraudolento messo su ai danni dell'Ast. Il sequestro di materiale contabile e dei registri dei turni lavorativi effettuato da parte dei finanzieri nei mesi scorsi e le successive indagini hanno consentito di mettere nero su bianco la sottrazione degli incassi dei ticket che avveniva regolarmente da qualche tempo su determinate tratte e solo quando alla guida degli autobus c'erano determinati autisti. Un'indagine complessa, visto che i lavoratori coinvolti sono la metà, e ne è stata avviata anche una interna all'azienda.
I sindacati dei lavoratori, sentiti in colloqui informali dall'Ast, minimizzano quanto è accaduto. La tesi difensiva ripudia in toto l'accusa di un sistema fraudolento orchestrato dai dipendenti per arrotondare lo stipendio. Si tratta piuttosto di una sorta di giustizia fai da te. In pratica, per la serie «aiutati che Dio d'aiuta», i dipendenti avrebbero «solo» trattenuto i soldi dei tickets come acconto sugli stipendi arretrati che non erano stati ancora pagati dall'Ast.
E se vogliamo parlare di «ammanchi» potrebbero essere definiti «ammanchi per sopravvivenza», visto che molte delle famiglie coinvolte sono a monoreddito, per cui, se l'azienda non paga per tempo debito, le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese.Inoltre, i dipendenti palermitani dell'azienda, una volta ricevuti gli stipendi arretrati, hanno restituito le somme trattenute. Ma c'è anche da dire che già l'inchiesta era stata avviata e ne erano a conoscenza.
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