Ma quale «missione impossibile», per Silvio Berlusconi il Quirinale è «un obiettivo realisticamente raggiungibile». Oggi lo ripeterà agli alleati di centrodestra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ma anche ai «piccoli» centristi più ondivaghi, come Giovanni Toti e Brugnaro, non Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi, che garantiscono l'appoggio. Il vertice della coalizione a Villa Grande, all'ora di pranzo dopo il funerale dell'ex presidente del Parlamento europeo David Sassoli, servirà a restituire un'immagine di compattezza, soprattutto dopo le ultime dichiarazioni del leader della Lega su un governo dei leader anche senza Mario Draghi premier.
Il Cavaliere non l'ha presa bene e ha telefonato a Salvini per avere spiegazioni. L'altro l'ha tranquillizzato, dicendo di aver sottovalutato l'effetto delle sue parole: «Nessun problema, siamo con te». Poi ha chiarito ufficialmente: «Il centrodestra compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi, non si accettano veti ideologici da parte della sinistra. Spero che nessun segretario e nessun partito si sottraggano al confronto ed alla responsabilità».
Il messaggio al Pd è chiaro, anche se Enrico Letta insiste con il veto a leader di partito, come quello che viene dall'altro Letta, zio Gianni, che uscendo dalla camera ardente di Sassoli in Campidoglio invita i partiti a ispirarsi proprio a «un uomo straordinario, con il desiderio di contribuire a guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte, una grande lezione, un grande contributo. Se il clima sentito alla Camera e al Senato nel ricordo di David fosse quello che porta i grandi elettori a votare per il presidente della Repubblica sarebbe una grandissima lezione e il contributo di David alla pacificazione del Paese e allo sviluppo dell'Italia». A Gianni Letta il plauso di Renzi: «Sono totalmente d'accordo. Sono molto sagge le sue parole».
Berlusconi del veto del Pd sembra non preoccuparsi. Lo descrivono «rinfrancato e ottimista», qualcuno addirittura «scatenato» nella preparazione della sua candidatura al Colle. E a tenerlo di buon umore contribuisce anche il secondo, autorevole endorsement del Ppe, dopo quello del segretario dei Popolari europei, Antonio Lopez. Stavolta è il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber, con cui si sono incontrati, a dire: «Berlusconi è un europeista convinto e questo è ciò di cui ha bisogno l'Italia, penso che sarebbe un ottimo candidato per la presidenza della Repubblica. Guiderebbe il Paese nella giusta direzione, in una direzione pro europea. E per questo da un punto di vista europeo Berlusconi ha il totale sostegno della sua famiglia del Ppe». Weber aggiunge che «Draghi premier sta facendo un buon lavoro e sta portando l'Italia del futuro in una buona direzione, contiamo che continui con le sue responsabilità. Dall'altra parte come Presidente della Repubblica Berlusconi è preparato con la sua conoscenza, la sua esperienza e le sue idee». «Ho incontrato Manfred Weber - ha detto il Cavaliere - . Abbiamo parlato della pandemia, del lavoro fatto sul green pass, della situazione economica, del necessario controllo delle frontiere. Ci sono grandi sfide che attendono l'Unione e noi del Ppe abbiamo le migliori soluzioni per affrontarle».
Dal vertice di oggi a Villa Grande non si prevede qualche annuncio definitivo, per ora non si parla di sciogliere la riserva del Cav. Berlusconi non vuole sentir parlare del «piano B», evocato dal capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. «Non farà passi indietro né passi di lato e semmai cambiasse strategia per lui sarebbe un altro piano A», dice chi gli sta molto vicino.
Per ora la situazione è bloccata su Berlusconi al Quirinale e sulla conta dei voti, il che vuol dire avere la totale fedeltà di Salvini e Meloni, che peraltro la confermano. «Abbiamo sempre avuto una parola sola», ripete la leader di FdI.
E serve bloccare le manovre di Brugnaro e Toti, che qualcuno vede come possibili apripista per soluzioni alternative, nel tentativo di convincere il Cav che un fallimento al voto gli precluderebbe la possibilità di essere King maker di un altro candidato di centrodestra, trattando con il Pd. «Cambiamo» ha pochi voti, 32, ma nei 100 che mancano alla coalizione bisogna fare i conti anche con il 5-10% fisiologico di franchi tiratori.
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