"Le aziende devono scendere in campo"

Casasco: "Chi conosce il mondo del lavoro può offrire soluzioni al governo"

"Le aziende devono scendere in campo"

Milano - Serve un impegno in prima persona degli imprenditori. Le aziende, tutte, devono mettersi disposizione del Paese e prendersi responsabilità anche in politica. Maurizio Casasco è il presidente della Confapi, confederazione delle piccole imprese, e nei panel del secondo giorno di Idee per l'Italia, un mix di amministratori e rappresentanti delle associazioni datoriali, vede «un consiglio dei ministri».

In che senso?

«C'era una parte di politici e una parte di imprenditori, sono venuti fuori i temi che servono al Paese. Io credo che gran parte della politica oggi non conosca le aziende. Gli imprenditori possono offrire al paese la conoscenza dei problemi e il coraggio delle soluzioni».

Quindi il suo è un appello affinché gli imprenditori si impegnino in prima persona?

«È una presa di responsabilità che deve avvenire su tutto il territorio nazionale e non parlo solo di Confapi. Penso a Confindustria, agli agricoltori e agli artigiani».

A proposito, come sono i rapporti con Confindustria?

«Io vorrei una confederazione con loro. Ma vorrei una Confindustria che detti l'agenda al governo e non un confederazione oggi rappresentata essenzialmente dalle grandi aziende pubbliche».

Ha ancora senso difendere le piccole imprese, visto che arrivano inviti ad accorpare e favorirne la crescita?

«Le piccole e medie imprese sono un modello non solo economico, ma anche sociale e culturale. Una specificità che va difesa e tutelata perché è un elemento distintivo dell'Italia, che permette alla qualità di resistere alle spinte del mercato globale che vuole tutti appiattiti. Dovremmo essere noi italiani ad esportare la nostra cultura d'impresa, come abbiamo fatto in passato con la cultura e il diritto».

Il governo sembra intenzionato a introdurre una stretta sui contratti a termine, limitandone la durata massima a 24 mesi. Un film già visto...

«Come è già avvenuto con il Jobs Act. Tutte le volte che gli ultimi governi hanno discusso di lavoro lo hanno fatto senza sentire chi il lavoro lo crea, cioè le imprese. Anche del Jobs Act ne hanno discusso come materia da modificare sulla base non dell'utilità per il Paese, ma sulle convenienze della sinistra. Spesso si gioca sulla pelle dei lavoratori e delle imprese».

Tra le vostre proposte presentate in occasione dei 70 anni di Confapi c'è un capitolo su Imu e uno sui pagamenti.

«L'Imu è già una imposta iniqua. Applicata alle imprese penalizza la manifattura che ha bisogno di maggiori spazi.

Quindi serve un algoritmo che ne tenga conto. Sui debiti della Pa proponiamo la compensazione immediata con le imposte e non solo di quelle iscritte al ruolo. Per quelli tra privati un multa ai ritardatari come in Francia».

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