Ma ora siamo certi che la mamma si rivelerà meno esagitata del padre? Basta infatti bazzicare le tribune dei tornei giovanili per sentire come, spesso e volentieri, è proprio dalle bocche delle «gentili mamme» che escono le peggio cose. Ragion per cui la decisione della società «Monti Rugby Junior» di scrivere al padre di un suo iscritto, chiedendogli di «evitare di partecipare alle partite del figlio», potrebbe rivelarsi non del tutto risolutiva del problema che, purtroppo, va ben oltre il «caso Rovigo». L'emergenza «genitori ultrà» (soggetti, per lo più, affetti da forme di frustrazioni psicopatologiche di varia natura) è infatti un fenomeno nazionale che la dice lunga sul livello di cultura e civiltà sportiva nel nostro Paese.
La vicenda del «Daspo genitoriale» di Rovigo è, in tal senso, paradigmatica. Una storia che vede al centro quattro soggetti: un bambino di 9 anni (un «campioncino», ovviamente, agli occhi del padre); il di lui papà (metaforicamente descritto come «eccessivamente appassionato»); la società Monti Rugby Rovigo (che ha scritto una tragicomica lettera di diffida) e la mamma del «campioncino» («autorizzata» dalla società ad accompagnare il figlio allo stadio).
Ma a dimostrazione che l'errore è una brutta bestia che non risparmia nessuno, va ricordato che anche la Monti Rugby Rovigo (apprezzata società che allena nel capoluogo polesano squadre che vanno dall'Under 6 all'Under 16) ha rischiato di fare una gaffe clamorosa, coinvolgendo nel «Daspo» anche il baby rugbysta, del tutto estraneo alla bagarre. Ciò almeno secondo la ricostruzione pubblicata ieri dalla stampa locale che poi ha dato atto alla società di «averci ripensato». E così la punizione è stata confermata solo contro il papà hooligan, cordialmente invitato a «tenersi lontano dai campi di gioco calcati dal figlio».
In attesa che domani il Consiglio direttivo della società stabilisca «se e quando» il padre dello scandalo verrà riammesso alle partite, l'atleta 9enne sarà accompagnato allo stadio dalla mamma che - si spera - abbia un carattere un po' più tranquillo del marito.
La comunicazione ufficiale della sospensione della patria rugbystica potestà è arrivata alla famiglia del bambino tramite telegramma autorevolmente firmato dal presidente, Attilio Roversi.
Pare che a inguaiare il papà supertifoso siano stati i genitori degli altri compagni di squadra, stufi di sentirselo urlare nelle orecchie. E così in società sono fioccate le proteste. Di qui la reprimenda inviata al padre scalmanato, in cui però si precisa: «Il genitore non ha insultato o minacciato pesantemente l'arbitro e nemmeno l'allenatore.
Ma rileviamo che ha avuto nel corso del tempo comportamenti pressanti e reiterati non in linea con i principi e i valori del rugby».Adesso non resta che sperare nell'equilibrio psichico (tutto da dimostrare) delle mamme.
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