Banche, Merkel umilia Renzi «Non si cambiano le regole»

A vuoto il tentativo di ottenere uno stop sul bail in. No al maxi fondo da 40 miliardi, sarà potenziato Atlante

Banche, Merkel umilia Renzi «Non si cambiano le regole»

Aveva un fondamento la prudenza del premier Matteo Renzi nel chiedere all'Europa una sospensiva della direttiva sul bail in e sugli aiuti di Stato per consentire la ricapitalizzazione delle banche e la soluzione del problema-sofferenze. Troppo forti le resistenze comunitarie, in primo luogo tedesche, e troppo vicina la scadenza degli stress test (esiti attesi a fine luglio) che coinvolgeranno le cinque principali banche del Paese, cioè Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi.

«Se oggi si sospendessero le regole sul bail in, se questo è il passo che si vuol fare, si verificherebbe la fine dell'unione bancaria», ha precisato ieri mattina Benoit Coeuré, esponente francese del direttivo della Bce, ribadendo che senza le norme attuali «la vigilanza diventerebbe più invadente». Al termine del Consiglio europeo è stata la cancelliera Angela Merkel in persona a smorzare le residue speranze di una deroga. Deroga, per altro, prevista dal Trattato dell'Unione che all'articolo 107 stabilisce uno stop alla normativa sugli aiuti di Stato in caso di eventi eccezionali come appunto Brexit. «Abbiamo definito regole comuni sulla risoluzione delle banche e sulla loro ricapitalizzazione, non possiamo cambiare tutto ogni due anni», ha detto la Bundeskanzlerin rimarcando che «le basi attuali offrono la possibilità di rispondere alle necessità degli Stati membri». Insomma, l'Italia non potrà esimersi dal sanguinoso coinvolgimento di obbligazionisti e correntisti con depositi sopra i 100mila euro.

Il premier ha dovuto pertanto fare buon viso a cattivo gioco. «Se vi fossero dei problemi, noi saremmo nelle condizioni, rebus sic stantibus, di proteggere i denari dei correntisti e dei cittadini», ha dichiarato di fatto prendendo atto che la sospensiva del bail in non è più nell'ordine delle possibilità. Renzi, però, non ha risparmiato una stoccata alla Germania, accennando ai due pesi e alle due misure che Bruxelles applica se a essere coinvolta è Berlino. «L'Italia non chiede di cambiare le regole, sono state cambiate l'ultima volta nel 2003 per consentire alla Francia e soprattutto alla Germania di superare il tetto del 3 per cento», ha ricordato notando come «il governo italiano, guidato da Silvio Berlusconi, accettò per fare un favore a Francia e Germania». Fin quando la procedura straordinaria per i salvataggi bancari è stata in vigore «la Germania ha messo 247 miliardi di euro per salvare le proprie banche, l'Italia non lo ha fatto perché i presidenti Berlusconi, Monti e Letta, che rispetto, quando si poteva fare non l'hanno fatto», ha concluso. Tutto vero anche se i suoi predecessori, va precisato, avevano le mani legate da debito e deficit che, in piena crisi, non potevano essere ancora aumentati.

Il governo, perciò, dovrà rivedere le strategie se vorrà impedire che eventuali turbolenze destabilizzino in maniera esiziale il nostro sistema del credito. L'unico modo di «rispettare le regole» è mettere in piedi un'operazione di portata minore rispetto ai 40 miliardi ipotizzati dal mercato, ma che possa sortire qualche effetto. Il Fondo Atlante, che finora ha salvato PopVicenza e Veneto Banca, «è in condizione di essere ulteriormente capitalizzato». Le modalità le ha adombrate il vice ministro dell'Economia, Pier Paolo Baretta.

«Non è escluso che possano partecipare, con prudenza, casse previdenziali e fondi pensione», visto che attualmente investono molto su titoli di debito, e che si possa coinvolgere «anche Cdp, sempre tenendo presente che si tratta di risparmio postale». Con 4-5 miliardi, sperando che bastino, si potrebbe mettere un po' in moto il mercato delle sofferenze bancarie. E sperare che non impazzi la bufera.

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