Economia

La Bce lancia l'allarme: "Pil europeo mai così male". I falchi tedeschi avvertono l'Italia: "Aiuti a tempo"

L'Eurotower stima un crollo del 13%. Poi Berlino prevede la pace nello scontro sul Qe

La Bce lancia l'allarme: "Pil europeo mai così male". I falchi tedeschi avvertono l'Italia: "Aiuti a tempo"

Nel secondo trimestre la caduta del Pil nell'eurozona sarà pari al 13%. «Una contrazione senza precedenti», ha detto ieri il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, nel dare la misura del mostro contro cui si dovrà ancora combattere. Il (quasi) «libera tutti» scattato con la fine del lockdown rende solo un po' meno soffocante l'aria, ma i danni all'economia restano. La banca centrale guidata da Christine Lagarde è sulle barricate, e gli ulteriori 600 miliardi di euro aggiunti al piano di acquisti contro l'emergenza pandemica (Pepp) ne sono la plastica testimonianza. Ma a Francoforte c'è già chi guarda oltre le macerie, mettendo subito in chiaro cosa si dovrà fare una volta archiviato il coronavirus. Jens Weidmann, il capo della Bundesbank che ha sempre avuto in uggia le misure di politica monetaria non convenzionali, lancia così un avvertimento: lo shopping massiccio compiuto dall'Eurotower per soccorrere i Paesi più indebitati e dunque esposti alle tensioni finanziarie, come l'Italia, «dovrebbero essere solo temporanei. Flessibili - ha aggiunto - non significa unbound», cioè un aiuto permanente.

Nessuno, peraltro, ha mai messo in discussione il fatto che il Qe, nelle sue diverse declinazioni, sia uno strumento temporaneo. Il problema è che Eurolandia, ancor prima della comparsa del Covid-19, ha sempre avuto bisogno di una stampella fin dai tempi del whatever it takes di Mario Draghi.

L'inflazione al di sotto degli obiettivi e una crescita asfittica hanno da allora impedito il ripristino della normalità. Weidmann ha ragione sia quando spiega quanto la politica monetaria debba evitare di creare «incentivi sbagliati per le finanze pubbliche», sia quanto rammenta alla politica di «non dare per scontato» che i tassi rimangano bassi per sempre, ma sbaglia il timing. Non è questo il momento di soffiare sul fuoco dei mercati. Anche se il commissario Ue, Paolo Gentiloni, si è detto ieri «convinto» che un accordo «si raggiungerà in luglio», le contrapposizioni sul Recovery Fund fra i Paesi che spingono per una robusta potenza di fuoco basata su risorse a fondo perduto e quelli rigoristi, sono rimaste sostanzialmente immutate dopo l'ultimo Consiglio Ue. E i contrasti lasciano presagire tempi lunghi prima dell'erogazione degli aiuti. Weidmann, non a caso, entra a gamba tesa sull'argomento nel raccomandare «cautela» sull'indebitamento in Europa, pur condividendo la solidarietà anche sul piano finanziario. «Un ingresso in un indebitamento comune di ampie dimensioni e di lungo periodo - afferma - sposterebbe però la cornice generale e l'equilibrio. Per questo servirebbe un passo di integrazione ulteriore. Per bilanciare garanzia e 'azione, i debiti dovrebbero essere chiaramente limitati e legati a un veloce ammortamento, altrimenti si rischia una pressione troppo forte su un maggiore indebitamento dell'Ue».

Il capo della Buba è poi tornato su un altro argomento spinoso, la sentenza della Consulta tedesca avversa al Qe. «Si tratta di adempiere alla sentenza della Corte costituzionale e allo stesso tempo di tutelare l'indipendenza della Bce - ha spiegato - . Questo non è in contraddizione. Rendere conto» dell'operato e «essere indipendenti sono due facce della stessa medaglia». Secondo il ministro tedesco dell'Economia, Olaf Scholz, non si tratta comunque di «un dramma irrisolvibile. Vedremo presto il raggiungimento di una soluzione indolore». Fare presto è indispensabile: in assenza di un compromesso, la Bundesbank potrebbe smettere di comprare titoli di Stato a partire dal prossimo 5 agosto.

Per l'eurozona sarebbe una picconata alle fondamenta.

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