Bergamo, il messaggio choc. "Basta notizie sui contagi"

Alzano, ipotesi insabbiamento per alcuni mancati tracciamenti. E l'ex dirigente Asst di Bergamo lascia

Bergamo, il messaggio choc. "Basta notizie sui contagi"

Nascondere alcune notizie per non creare panico ha scatenato l'epidemia nella Bergamasca? La domande rimbalza dall'altra sera, dopo lo speciale Tv7 su Raiuno che ha rivelato una chat, in mano alla Procura di Bergamo che indaga per epidemia colposa, che chiama pesantemente in causa Carlo Alberto Tersalvi, 58 anni, direttore sanitario dell'Agenzia di tutela della salute di Bergamo. Il 23 febbraio 2020 avrebbe infatti chiesto di «togliere, se riuscite» la notizia dei primi casi di contagio nell'ospedale di Alzano che stava circolando tra i dirigenti degli ospedali lombardi. Il manager si è dimesso appena prima della messa in onda del servizio.

Secondo i documenti esclusivi di fatto il primo positivo venne certificato già il 22 febbraio 2020 al Papa Giovanni di Bergamo, ma a lui e ai familiari venne detto di non dire niente. Nessuno comunicò il rischio alla cittadinanza, aggravando così il contagio. Alcuni sanitari con sintomi sarebbero stati lasciati senza tampone, come scrive disperato in una mail il medico del Lavoro dell'ospedale, Marino Signori, morto un mese dopo.

«Se fosse provato che Ats Bergamo abbia omesso di comunicare la positività del primo paziente Covid sarebbe un atto consapevole gravissimo - dice al Giornale l'avvocato Consuelo Locati, che difende i familiari di 500 vittime della Bergamasca - Siamo purtroppo abituati ad assistere a silenzi e negazione di responsabilità da parte delle istituzioni lombarde ma questo fatto, se confermato, rappresenterebbe anche forse un tentativo di insabbiamento ancor più grave».

Le ripercussioni penali a carico di Tersalvi, già al centro di un caso dopo il decesso per Covid dell'ex responsabile dell'ufficio Igiene e Sanità Pubblica, Vincenza Amato, sono affare dei pm, che potrebbero anche sentire i familiari del paziente positivo mai tracciato. Ma intanto si apre uno squarcio ancora più inquietante sui quei giorni decisivi per la diffusione del virus. Si sa che il 27 febbraio l'allora assessore alla Sanità Giulio Gallera e i suoi chiesero tramite la Prefettura al Cts di chiudere Alzano e Nembro, inutilmente.

Le indagini devono stabilire di chi fu la colpa della mancata chiusura della zona rosa tra Alzano e Nembro (gli indagati sono già cinque) alla notizia delle prime positività e chi decise di riaprire l'ospedale di Alzano, innescando di fatto il cluster nella Bergamasca. Non certo l'ex direttore dell'ospedale Giuseppe Marzulli, «Mi opposi soprattutto per tutelare la gente della Valseriana - dice al Giornale - Pensai tra me e me, o chiudi qui la carriera o rischi l'incriminazione per epidemia colposa». E lui disse no, coraggiosamente. «Da pensionato - aggiunge - mi sono letto tutta la documentazione ufficiale, verbali del Cts eccetera e ho capito che le colpe di questo caos sono anche del ministero, che ha le stesse responsabilità del Pirellone, se non addirittura maggiori».

Nei guai c'è anche Ranieri Guerra, funzionario Oms, indagato per false dichiarazioni ai magistrati sul report sparito che inguaiava il ministro della Salute Roberto Speranza.

Sul tavolo infatti c'è sempre la questione del piano pandemico, il cui mancato aggiornamento potrebbe costare un avviso di garanzia per Speranza ma anche per i suoi predecessori Giulia Grillo e Beatrice Lorenzin, per i dirigenti del ministero dal 2014 a oggi e per alcuni esponenti politici di primissimo piano, da Gallera al sindaco di Bergamo Giorgio Gori. «Quando ho visto Speranza vantarsi di aver fatto un piano pandemico con 100mila morti ho provato molta rabbia», sottolinea Marzulli, che ripete: «Siamo stati mandati a morire...».

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