L'hanno assolto, ma è pur sempre mezzo colpevole. Se non sul piano giudiziario, quello non si può più sostenere nemmeno ricorrendo ad ardite acrobazie verbali, almeno su quello morale, politico, forse persino antropologico. Via il nero, ci vuole una pennellata di grigio. È un coro che non si spegne mai e che tiene alto il fuoco dell'indignazione, della riprovazione o almeno del dubbio. Uno schieramento trasversale, da Repubblica a Famiglia cristiana e Avvenire , laico e cattolico, che analizza la conclusione del caso Ruby per mettere una pietra tombale sulla leadership di Berlusconi. Come fa il direttore di Repubblica Ezio Mauro: «Oggi l'assoluzione viene trasformata in una sorta di amnistia personale e di amnesia nazionale, come se non rimanessero in campo le bugie manifeste sul caso Ruby: bugie irrilevanti giudiziariamente, pesanti politicamente». Di qui la sentenza, inappellabile: «Berlusconi non ha più alibi davanti alla sua leadership, esaurita benché assolta».
Ecco il paradosso del Cavaliere: un processo, che ha fatto il giro del mondo, ha sporcato in modo irreparabile la sua immagine prima di chiudersi con una doppia, forse inattesa, assoluzione. Invece di riflettere su questa delegittimazione si parte da lì per dire che il Cavaliere è ormai un abusivo dentro il Palazzo. Insomma, il dibattimento esce dall'aula e prosegue dal pulpito della Conferenza episcopale italiana e dalle redazioni di quotidiani e settimanali.
Allusioni. Interpretazioni. Distinzioni: non c'è il reato, ma c'è, eccome, il peccato. La vergogna. L'imbarazzo. E dunque bisogna sottolineare che Berlusconi resta in fuorigioco. E bisogna fischiare il fallo che prevede il cartellino rosso. Commenta Marco Tarquinio, direttore di Avvenire : «È evidente che un'assoluzione con le motivazioni sinora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale». In effetti ci sono anche le motivazioni sinora sconosciute, la Cassazione ce le consegnerà a tempo debito, ma tutti si sentono in dovere di anticiparle, e semmai, di aggirarle preventivamente.
Intendiamoci: stiamo parlando di una storia per nulla edificante e di cui avremmo volentieri fatto a meno, ma i processi dovrebbero rimanere nel recinto del codice penale. Questa storia invece è diventata un romanzo popolare, una fiction e ora si trasforma in un trattato di morale e in un saggio di politica. « Avvenire - spiega monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei - ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata. La legge arriva fino a un certo punto, ma il discorso morale è altro».
Un ragionamento soft rispetto a quello di Famiglia cristiana . Il settimanale dei Paolini non fa sconti e anzi emette un verdetto di colpevolezza. Durissimo: l'assoluzione non cancella «con un colpo di spugna» i fatti. «È sufficiente stabilire che non si sono commessi reati per assolvere gli stessi comportamenti anche davanti al tribunale della politica e della morale come si sta cercando di fare?». Domanda che trova subito una risposta senza se e senza ma: Famiglia cristiana stigmatizza «una lettura che carica un'assoluzione penale di impropri significati che chiamano in causa altre responsabilità: morale, politica e istituzionale». E così Berlusconi viene giudicato non una ma tre volte colpevole. E resta, in qualche modo, sul banco degli imputati.
Al confronto Raffaele Cantone, presidente dell'Anticorruzione, è un moderato. E si limita a svolgere il compito che gli tocca per professione: difendere la procura di Milano che non ha scritto una delle sue pagine più gloriose. «Non credo - afferma davanti agli schermi di Repubblica tv - sia stato un errore fare un processo».
Nessuna autocritica, nemmeno un accenno, per quel che il Paese ha passato. Anzi. «Chi invoca la responsabilità civile dei magistrati - afferma il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli - è fuori strada». La sentenza è già archiviata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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