Si avvicina al podio, sorride e attacca con parole che sono una benedizione per l'alleanza: «Hanno cercato anche in questi giorni di andarci addosso, di dividerci ma lo diciamo con molta chiarezza non ci riuscirete mai».
Applausi. Bandiere stile convention azzurra. Cartelli che inneggiano a Silvio e claque rumorosa. Il Dal Verme, storico teatro milanese, è in festa perché tutti i sondaggi e le proiezioni danno Attilio Fontana avanti, molto avanti rispetto ai contendenti.
I leader del centrodestra sono ai ferri corti, come scrivono molti giornali un giorno sì e l'altro pure? Screzi, divisioni, ruggini: se ci sono, sono ben nascosti sotto le standing ovation e i complimenti reciproci che si scambiano i capi del centrodestra. «Ho avuto Giorgia Meloni nel mio governo - racconta il Cavaliere - e mi sono affezionato a lei, persona di una trasparenza gentile e di una capacità assoluta».
Insomma, un peana per la presidente del consiglio e per la coalizione: «Per me questa cerimonia è la festa del centrodestra». Che con Attilio Fontana si appresta a riconquistare Palazzo Lombardia. Sono ventotto anni di successi ininterrotti, un primato impressionate che, salvo colpi di scena imprevisti, dovrebbe ripetersi lunedì prossimo: Berlusconi in qualche modo anticipa quel che sarà e rispedisce al mittente tutte le critiche.
Anzi, rispetto al tema scritto va oltre alla sua maniera, improvvisando: «Questa notte ho scritto un discorso che mi è venuto abbastanza bene».
La sala sorride a volume alto, lui è già impegnato nelle variazioni sul racconto che è sempre lo stesso: «Caro Attilio, cara Giorgia, caro Matteo, caro Maurizio - che poi è Lupi, il primo a parlare mentre gli altri devono ancora arrivare - sono felice, orgoglioso di essere qui con voi perché è un sogno, il nostro, che è cominciato trent'anni fa e che nessuno è riuscito a distruggere. Un sogno che si è avverato e che continuerà ad avverarsi malgrado tutti i tentativi di dividerci che sono stati messi in campo contro di noi».
È la sua storia, anche se oggi è Meloni la guida che contraccambia gli elogi e ne riconosce le doti straordinarie. I due sono d'accordo: abbassare i toni e pedalare. «Non è questo che ci interessa - prosegue Berlusconi alludendo alla scia interminabile delle polemiche - Chi governa ha il dovere di andare avanti, di costruire il futuro, di realizzare il proprio programma. E noi abbiamo un vasto programma da realizzare. Abbiamo mosso i primi passi, ma molto c'è da fare nei prossimi cinque anni».
Molti analisti scommettono sulla caduta, magari nel 2024, dell'esecutivo a causa delle faide e delle rivalità interne. Tutto può essere ma l'impressione almeno in questa serata è un'altra: i leader sembrano impegnati in una staffetta e in platea i diversi popoli si uniscono nei battimani.
Il Cavaliere si sofferma poi sul protagonista della contesa: «Gli elettori lombardi sono chiamati a confermare un modello di buon governo che tu, Attilio, hai saputo incarnare con stile, con garbo, con quel riserbo e quell'operosità che sono tipicamente lombardi». Di quella Lombardia, sottolinea l'ex premier «dove sono le mie radici». Poi, la battuta: «Sono sempre stato d'accordo con lui tranne che per una cosa: quella barbetta, se la deve tagliare».
Si valuteranno i risultati sul campo, ma al momento la rottura con la Moratti pare metabolizzata dall'elettorato e il pericolo rappresentato dal Terzo Polo scongiurato.
«Forza Attilio, forza Giorgia, forza Matteo,
forza Lombardia - è la conclusione di Berlusconi che chiude con un tocco di ironia - e se me lo consentite, naturalmente, Forza Italia». E nel dirlo alza il tono della voce, conquistandosi un altro indiavolato battimani.
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