
Se come scrive qualcuno Assisi è la Fort Alamo del centrosinistra nell'Umbria che sembra in odore di trasloco armi e bagagli al centrodestra, Silvio Berlusconi dovrebbe essere l'assediante armato fino ai denti. E invece gira per la città francescana come un tranquillo signore di una certa età, che entra nei negozi e si ferma a fare selfie con ammiratori e anche con qualche avversario, se non altro calcistico («Sono interista ma ho sempre votato per lei!», esclama uno in corso Santa Chiara. «E allora forza Inter!», ribatte il Cav).
C'è qualcosa di nuovo, anzi di antico, nel giro che il leader di Forza Italia ha iniziato ieri nel cuore del cuore dell'Italia, nell'Umbria che domenica va al voto per scegliere il nuovo governatore dopo le dimissioni di Catiuscia Marini, la piddina travolta dalla Sanitopoli che potrebbe essere stata l'ultima regina senza corona dell'Umbria Rossa. Di antico c'è la capacità di Berlusconi di catalizzare la simpatia popolare, scatenando quell'affetto che nessun altro politico (nemmeno Salvini) suscita, forse perché ormai perfino a sinistra sono disposti a riconoscergli la statura di statista. Di nuovo c'è la sensazione che il centrodestra possa stavolta davvero vincere, lo dicono i sondaggi anche se la scaramanzia rema contro. Perfino i frati del Sacro Convento, da sempre ritenuti ostili al centrodestra, lo ricevono con cordialità. E la vittoria, nel caso, semmai, non sarebbe del solo Salvini. «Qualcuno, anche dei miei - dice agli Orti antichi - ha detto che sabato scorso a San Giovanni ci siamo consegnati a Salvini, ci siamo appiattiti sulla Lega. Ebbene, è esattamente il contrario. Sono Salvini e Meloni a essere tornati verso di noi, riconoscendo di essere parte della nostra coalizione, una coalizione unita. Hanno voluto chiamarla Casa degli italiani, io avrei preferito Casa delle libertà ma va bene lo stesso». E a proposito di Mattei, Silvio ne ha anche per Renzi: «Un'Opa di Italia Viva su Forza Italia? È impossibile. Auguro fortuna a Renzi, ma lui agisce nella metà campo del centrosinistra, ha sempre giocato là. E non credo che nessuno dei nostri possa accettare una eventuale offerta di Renzi». Un collega non certo indulgente con Berlusconi ci soffia all'orecchio: «Oh, alla fine è rimasto l'unico a parlare di politica».
Berlusconi non cambia certo alla sua età, che peraltro ama sottolineare («se mi sento vecchio? - dice a una sua coetanea -. Sì. Faccio sempre le prove per la bara», e incrocia le braccia sul petto). L'ossessione per l'abbassamento delle tasse, per lo sviluppo economico, per l'ingombrante presenza dello Stato. «Io sono credente e credo che i diritti ce li dia Dio. Quelli della sinistra pensano che invece ce li conceda lo Stato. E quando mettono le mani sullo Stato, ritengono appunto di poterli modificare a piacimento». Temi liberisti, di cui si sente un gran bisogno dopo le ripicche ideologiche. È in forma, rilassato, acquista una pietra con l'immagine di Francesco in un negozio, al Gran Caffè commenta un quadro che ritrae il bellissimo Endimione e fa i complimenti alla giovane titolare Marta («è un quadro raro, sa? E glielo dico io che ne ho seimila, di quadri. Si ricordi, Endimione. Se lo scriva»).
Beve un caffè con dolcificante, assaggia un cucchiaino di gelato e se ne pente: il medico glielo ha vietato. Ride, scherza, saluta. Come ai bei tempi, come in questi tempi. Oggi tour a Spoleto e Foligno, e domani chiusura a Terni.