Berlusconi benedice la pace tra Brunetta e Romani. Lo fa al telefono, in viva voce, durante la festa di compleanno di Mara Carfagna: un pranzo-sorpresa organizzato dal compagno dell'ex ministro, l'ex onorevole Alessandro Ruben, che ha chiamato una trentina di parlamentari per un brindisi. Presenti i senatori Pelino, Gasparri, Bernini, Rizzotti, Caliendo; ma anche i deputati Baldelli, Fontana, Vito, Prestigiacomo, Gelmini, Ravetto, Polidori, Calabria e il fedelissimo Osvaldo Napoli. Naturalmente ci sono anche Paolo Romani e Renato Brunetta. Il quale, al telefono con Arcore, dice «Presidente, siamo qui tutti insieme e siamo compatti». E il Cavaliere: «Bene, bravi, continuate così. Vi voglio uniti». Applausi in sala. Romani e Brunetta arrivano pure ad abbracciarsi per sotterrare, anche a gesti, l'ascia di guerra. Poi, più tardi, nel pomeriggio, Paolo Romani brinda con i senatori e torna sull'argomento fibrillazioni interne spiegando il devastante effetto mediatico che hanno avuto le sue dichiarazioni di qualche giorno fa e assicurando che «con Renato c'è stata qualche incomprensione ma adesso ci siamo chiariti e andremo avanti seguendo le indicazioni che arriveranno dal nostro presidente».Proprio Romani, forse l'anima azzurra più scettica nei confronti dell'abbraccio con la Lega, viene preso di mira dal leader del Carroccio Salvini che va giù duro: «In Forza Italia c'è il capogruppo in Senato Paolo Romani: uno che dice che la Boschi è una statista eccezionale mentre stanno facendo una riforma della Costituzione che grida vendetta. Romani potrebbe tranquillamente militare nel Pd». E ancora: «Lui uno dei papabili per fare il sindaco a Milano? Macché, per fortuna no. Gli elettori di Forza Italia non si sentono rappresentati da queste persone». Uno schiaffo, insomma. A difesa di Romani ecco arrivare Brunetta che solo pochi giorni fa l'aveva sfidato a duello. «Impossibile per Romani iscriversi al Pd: è troppo intelligente - scrive su Twitter - Salvini non conosce Romani. Se lo conoscesse lo terrebbe caro. Litigarci è bellissimo. E anche farci la pace».Insomma, il partito cerca di liberarsi delle tossine che l'hanno pervaso nelle ore della sfiducia al ministro Boschi e dell'elezione dei giudici della Consulta. In fondo a ridosso delle vacanze di Natale... Tuttavia, a palazzo Madama, è tutto un vociare sui prossimi addii con relativa campagna acquisti da parte di Verdini. Passa definitivamente ad Ala, assieme a Bondi e Repetti, il senatore bergamasco Enrico Piccinelli, da tempo malpancista; ma si dice che altri quattro sono pronti a fare le valigie. Giovanni Piccoli è uno dei citati ma, dopo aver parlato a lungo con il fedelissimo veneto Marco Marin, smentisce secco: «Sono in Forza Italia e qui resto». Stessa smentita per il lombardo Sante Zuffada, anche lui dato in partenza: «Io sono nel gruppo di Forza Italia al Senato. Punto. Le mie criticità sul partito le ho espresse negli ultimi mesi nelle sedi opportune. Criticità che mi auguro possano trovare una definizione».
Il Cavaliere, in ogni caso, guarda avanti con fiducia e ricorda i sondaggi: «Con Fi al 12,5% e Fdi-Lega al 20%, già ora la coalizione è avanti rispetto al Pd. E quando ritornerò io in tv la vittoria alle Politiche sarà a davvero portata di mano».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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