Il ritiro «prematuro» degli Stati Uniti è stato «un grave errore». E ora «non fare nulla ora sarebbe ancora più grave». La Nato non può restare a guardare i diritti violati del popolo afgano. Interviene sulle drammatiche immagini che arrivano da Kabul con i suoi cittadini in fuga disperata, aggrappati alle ruote degli aerei militari, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. Sono immagini, dice, «che ci riempiono di angoscia e di amarezza. L'Occidente non può limitarsi ad assistere rassegnato al trionfo dei suoi nemici, dell'integralismo islamico che sta riportando l'Afghanistan ai periodi più oscuri della sua storia».
La condanna del disimpegno militare dal Paese avviato da Trump e confermato da Biden è netta: «Vent'anni di sacrifici e di sangue versato per garantire a quel grande Paese stabilità e sicurezza sono vanificati da un disimpegno che si è rivelato frettoloso e non preparato. Naturalmente dopo la decisione americana di ritirarsi non c'era alcuna possibilità per gli altri paesi, come l'Italia, di rimanere. Anzi - dice Berlusconi - dobbiamo dire ancora una volta grazie ai nostri soldati, ai nostri diplomatici, a tutti i connazionali impegnati nella vicenda afgana, per come hanno gestito la presenza italiana in questo ventennio ed anche quest'ultima fase drammatica. Mai come ora l'Occidente avrebbe bisogno di una leadership esperta ed autorevole, in grado di dare una risposta non rassegnata a quello che sta accadendo. Questo ritiro prematuro è stato un grave errore, ma non fare nulla ora sarebbe ancora più grave. La Nato non può permettere che l'Afghanistan torni a costituire un pericolo per la sicurezza della regione e dell'intero Occidente, né può permettere che i diritti faticosamente acquisti dal popolo afgano in questi anni siano cancellati dall'integralismo e dalla violenza».
E la disperazione per la fine già scritta di quei diritti è negli occhi e nelle parole del medico afgano atterrato ieri a Fiumicino con l'aereo dell'Aeronautica militare che ha evacuato da Kabul 70 persone tra diplomatici italiani ed ex collaboratori afghani con le loro famiglie: «I talebani stanno cercando i nostri colleghi casa per casa. In migliaia stanno rischiando la vita. La situazione negli ospedali è gravissima». Sulla sicurezza dei tanti collaboratori afgani che lavoravano con l'Italia che sono rimasti bloccati nel Paese proclamato dai talebani Emirato islamico, il premier Mario Draghi ha diramato una nota da Palazzo Chigi: «Il Presidente del Consiglio ringrazia le forze armate per le operazioni che stanno permettendo di riportare in Italia i nostri concittadini di base in Afghanistan. L'impegno dell'Italia è proteggere i cittadini afghani che hanno collaborato con la nostra missione». Il presidente fa sapere di essere «in continuo contatto con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio» sulle attività di trasferimento. Ministro, quest'ultimo, finito però nella polemica dopo alcune foto che lo hanno immortalato su una spiaggia del Salento nei giorni della caduta di Kabul. Ai partiti che hanno chiesto un'informativa urgente in Parlamento, il suo staff ha fatto sapere che Di Maio è disponibile a riferire anche questa settimana - oggi parteciperà al vertice straordinario dei ministri degli Esteri dell'Ue.
E «con i partner europei», ha voluto assicurare il premier Draghi, «l'Italia è al lavoro per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani, e in particolare quelli delle donne».Ieri è stato però il primo ministro britannico Boris Johnson a chiedere anche un incontro virtuale tra i leader del G7 «nei prossimi giorni». La necessità è quella di un «approccio unitario» sul caos afghano.
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