Berlusconi al leader Ppe: "Sono un martire politico". E punge Alfano e Salvini

Pranzo del Cavaliere con Weber a Palazzo Grazioli: "L'Europa deve tornare a far sognare"

Berlusconi al leader Ppe: "Sono un martire politico". E punge Alfano e Salvini

Roma - Mentre la partita a scacchi con Renzi sulle modifiche alla legge elettorale prosegue, Berlusconi continua a predicare cautela. Il voto in primavera resta lo spettro da evitare e l'ex premier non vuole mandare a monte il patto del Nazareno, anche se Fi è in fibrillazione. E bene che Roma sia stata colpita dalla tempesta d'acqua con tanto di stato d'allerta: riunione dei gruppi parlamentari rinviata e sfogatoio posticipato alla settimana prossima. Il Cavaliere quindi, prima di ripartire per Arcore, ha soltanto pranzato con Manfred Weber, capogruppo del Ppe. Un incontro durato più di tre ore alla presenza, tra gli altri di Giovanni Toti, Deborah Bergamini, Lara Comi, Elisabetta Gardini e Antonio Tajani.

Tanti i temi toccati con una perfetta sintonia tra Berlusconi e il capo del Ppe che ha elogiato Forza Italia: «Avete sempre avuto un ruolo importante»; e il Cavaliere: «Sono un martire politico», ha detto ripercorrendo le sue vicissitudini politico-giudiziarie. «Cercherò di spiegare cosa mi hanno fatto», ha detto l'ex premier prima di convenire con Weber che «L'Europa deve tornare a far sognare». S'è parlato di Bce, di politica monetaria ma anche di crisi ucraina e di Isis. Apertura di Weber, invece, sul fronte immigrazione: «È vero, l'Europa deve fare di più».

Sulla strategia di politica interna Berlusconi invece conferma: il patto sulle riforme regge e reggerà. Lo ha ribadito in un'intervista al Quotidiano nazionale : «Sono sempre stato ispirato da un sano patriottismo e la Patria è oggi minacciata da una crisi economica senza precedenti». E ancora: «Bisogna che ciascuno metta al primo posto l'interesse nazionale».

Il Cavaliere ha riparlato anche di alleanze. Ad Alfano ha lanciato un'ultima chiamata: «Mi domando quale futuro si prefigurano quelli dell'Ncd. Se decideranno di far parte della sinistra saranno abbandonati dai loro elettori. Se resteranno al centro, soli ed ininfluenti, nessuno troverà opportuno votarli. Mi sembra che debbano darsi una mossa». Ma è su Salvini che Berlusconi si è spinto oltre: «Se sarà lui a fare la rivoluzione liberale? Per farla, uno deve prima esserlo liberale. Noi abbiamo fatto tantissimo e Salvini, al netto della propaganda deve ancora dimostrare di saper far qualcosa». Parole non proprio tenere che tuttavia non hanno provocato strappi rilevanti. Il leader della Lega ha risposto soltanto che «con Berlusconi spero non sia finita, se però tutti guardiamo avanti. Non mi piace la nostalgia, il ripensare a formule vecchie».

Argomento divisivo resta quello delle primarie: Salvini, visti pure i sondaggi, continua ad invocarle; Berlusconi invece frena: «Il leader del centrodestra è stato legittimato in vent'anni da più di duecento milioni di voti».

Nessun incrociar di spade col Carroccio neppure sui temi sensibili anche perché Berlusconi ne ha approfittato per mettere i puntini sulle «i» e rassicurare l'elettorato moderato e conservatore: «Non c'è stato nessun cambiamento di linea sulle coppie di fatto; per noi la famiglia resta il nucleo fondante della società». Stesso concetto sullo ius soli: «Non ho mai detto che la cittadinanza italiana sia automatica per chiunque nasca nel nostro Paese».

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