Tre giorni dopo le nomine dei ministri azzurri nella squadra di Mario Draghi arriva una sfilza di nomine di Silvio Berlusconi che ridisegna il partito e sembra riequilibrare la scelta di tre esponenti moderati dell'ala antisovranista, la vicepresidente della Camera Mara Carfagna, che più volte è sembrata vicina alla scissione come Giovanni Toti, il sempre molto indipendente economista Renato Brunetta e la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini. È la risposta del Cavaliere che nel suo partito vuole scegliere e premiare i più fedeli.
Al pranzo ad Arcore del lunedì accanto al Cavaliere c'è il vicepresidente Antonio Tajani, grande escluso dal nuovo esecutivo, oltre a Niccolò Ghedini e Marta Fascina. Poche ore dopo arriva la nota che lo promuove da una carica onorifica ad una operativa: coordinatore nazionale (fa le liste elettorali e sceglie i coordinatori regionali) che promuove lo sviluppo sul territorio e soprattutto deve «coordinare l'attività e il contributo di Forza Italia al neonato governo». Tajani sarà, dunque, il convitato di pietra al consiglio dei ministri.
Il leader di Fi nomina anche la senatrice Licia Ronzulli, sua «fedelissima» assistente personale, responsabile per i rapporti con gli alleati, con la «delega a coordinare, su indicazione del Presidente, le strategie comuni agli altri partiti della coalizione di centrodestra per le iniziative e per il programma». Un ruolo che di fatto già ricopriva ma che ora viene ufficializzato per rinsaldare l'asse governativo con Matteo Salvini e, al tempo stesso, quello con Giorgia Meloni, all'opposizione. Anche se qualche parlamentare ha un timore: «È un chiaro segnale di traghettamento verso la Lega, forse verso un partito unico».
Ma non è tutto. La capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, anche lei delusa dall'esclusione dal governo (dove sono entrati solo deputati), diventa vicecoordinatrice nazionale di Fi e ufficiale di collegamento con i gruppi di Camera, Senato e Ue. Per occupare due caselle lasciate vuote dai ministri, infine, Il ruolo di responsabile economico di Brunetta passa al senatore veneto Massimo Ferro e quello di capogruppo a Montecitorio della Gelmini viene confermato al suo vice Roberto Occhiuto, ma temporaneamente perché Fi lo candida a presidente della Calabria, al posto della scomparsa Jole Santelli. Poi, probabilmente, alla Camera sarà il turno di Giorgio Mulé.
Le decisioni inaspettate del Cavaliere arrivano in un clima di agitazione, recriminazione e insoddisfazione tra gli azzurri per vari motivi. Draghi ha scelto per il governo personaggi che hanno sempre contrastato il rapporto stretto con la Lega, temendo un appiattimento sulle posizioni salviniane, così come ha preferito pescare i ministri del Carroccio tra i più moderati ed europeisti. La nomina di Tajani, mentre non viene indicato un capodelegazione al governo, appare come un modo di dare un riconoscimento all'ex presidente del Parlamento europeo, che tutti si aspettavano in un ruolo chiave accanto a Draghi, e anche di controllare i ministri perché rappresentino la linea ufficiale di Fi e non quella dissenziente. Il partito non aveva da tempo un coordinatore nazionale, dopo Denis Verdini nel 2008, l'anno dopo la triade del Pdl Verdini-Bondi-La Russa e la brevissima parentesi Carfagna-Toti del 2019, ma Tajani che è stato tra i fondatori di Fi ora lavora da capo partito, preparandosi ad un futuro e non lontano governo di centrodestra. E si prende la sua personale rivincita. Si è detto, infatti, che non poteva aspirare ad un ministero di peso essendo un leader, né lui poteva accettarne uno senza portafoglio per il suo curriculum.
In molti, poi, fanno notare che Fi ha circa lo stesso numero di parlamentari del Pd, «ma loro hanno avuto 3 ministeri di serie A e noi 3 di serie B». Intanto, tre deputati, Osvaldo Napoli, Daniela Ruffino e Guido Della Frera, lasciano Fi per il nascente gruppo alla Camera di Cambiamo!, di Toti.
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