
In vista della legge di Bilancio il centrodestra si muove su un crinale delicato: da un lato Forza Italia, chiede un segnale forte e immediato per il ceto medio; dall'altro il ministero dell'Economia ribadisce la necessità di mantenere la barra della sostenibilità finanziaria.
Maurizio Casasco, responsabile economico di Forza Italia, ha spiegato ad Affaritaliani che "la ricetta economica di Forza Italia in vista della Legge di Bilancio per il prossimo anno punta sull'abbattimento delle tasse per imprese e famiglie, favorire gli investimenti e salari più alti ma senza la ricetta sbagliata della sinistra che penalizzerebbe i lavoratori". La priorità per il partito guidata da Antonio Tajani è netta. "Nella manovra dovrà esserci la riduzione dell'aliquota Irpef dal 35 al 33% fino a 60mila euro lordi l'anno, che costa circa 4 miliardi di euro, cavallo di battaglia di Forza Italia", ha sottolineato Casasco ricordando che "il ceto medio si è caricato sulle spalle la maggior parte del gettito fiscale ed è ora che abbia la doverosa attenzione".
C'è poi il capitolo evasione. "Bisogna rivedere il fondo per la riduzione delle tasse", ha evidenziato il responsabile economico degli azzurri rimarcando che "l'aumento delle entrate fiscali deve essere essenzialmente indirizzato alla riduzione delle tasse sempre secondo il concetto che è la leva per lo sviluppo del Paese". In questo capitolo occorre considerare non solo i fondi derivanti dal recupero degli omessi versamenti ma anche l'aumento del gettito riveniente dal concordato fiscale, dal ravvedimento operoso e dall'aumento dell'occupazione.
"Va infine attivata al più presto, come richiesto da Forza Italia, la piattaforma del dato anagrafico Inps dell'assistenza, al pari di quello esistente sul sistema pensionistico", ha concluso Casasco puntualizzando che questo sistema consente di razionalizzare le spese e "senza tagliare i servizi si possono recuperare 10 miliardi di euro da mettere a disposizione del taglio delle tasse". Sul welfare e i salari, infine, Forza Italia spinge per "l'innalzamento dei minimi" e la detassazione dei rinnovi mentre la defiscalizzazione di straordinari e premi di produzione" è da lasciare "esclusivamente alla scelta liberale del datore di lavoro".
Sabato scorso il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo, ha ribadito che "è necessario intervenire per ridurre l'Irpef sul ceto medio", ma "non è possibile discostarsi dalla linea del rigore: una volta individuate le risorse cercheremo di fare questo passo". L'obiettivo è chiaro: la riduzione del prelievo può "incrementare i consumi interni e aiutare ulteriormente le imprese", ma solo se sostenuta da coperture certe.
Sul tavolo del governo non c'è però solo il taglio dell'aliquota intermedia dell'Irpef da 4 miliardi (anche se una stima della Fondazione commercialisti cifrava in 2,5 miliardi il costo). Un'altra proposta in discussione è la cosiddetta rottamazione quinquies, ossia il pagamento dei debiti fiscali in 12 rate mensili per 10 anni senza sanzioni che avrebbe un impatto immediato di circa 5 miliardi di euro sul primo anno di bilancio, anche se diluito negli esercizi successivi. Si tratta di una richiesta esplicita della Lega, insieme alla pace fiscale, che il vicepremier Salvini non ha mai mancato di difendere.
Queste cifre devono tenere conto del vincolo dei saldi di bilancio da mantenere in linea con gli impegni europei. È la strategia adottata dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti che finora ha conquistato un miglioramento del rating sul debito pubblico e un abbassamento dello spread con il Bund in area 80 punti base. Meno interessi da pagare significa minore necessità di prelievo fiscale.
Non a caso Giorgetti aveva parlato di "orizzonte pluriennale" visto che la riduzione della prima aliquota Irpef e il taglio del cuneo fino a 40mila euro assorbono 18 miliardi. Il punto di equilibrio andrà trovato nei prossimi mesi, quando il testo della manovra arriverà in Parlamento e il confronto si farà stringente.