RomaAnche il compassato «tecnico» Pier Carlo Padoan, con il passare del tempo, è diventato sempre più politico. E ieri si è lasciato sfuggire un commento che contraddice la sua provata esperienza di economista all'Ocse. Lo spread sotto i 90 punti, ha dichiarato a margine di un incontro Aspen a Venezia, significa che «i mercati riconoscono la validità delle politiche del governo, che ora bisogna intensificare ed accelerare». Non è un caso se il premier Matteo Renzi, in serata, ha sostanzialmente ribadito gli stessi concetti. «Lo spread non è più una minaccia o una parolaccia e tanti fattori macroeconomici internazionali portano l'Italia nelle condizioni migliori», ha affermato al Tg1 ripetendo di aver mantenuto la promessa di «cambiare verso all'Ue».
La momentanea discesa del differenziale tra i tassi di rendimento del Bund e del nostro Btp decennale sotto quota 90 venerdì scorso (la chiusura è stata a quota 93) non è, tuttavia, merito del governo ma del quantitative easing , che sarà avviato dalla Bce da domani. Gli acquisti di titoli di Stato europei da parte di Francoforte avranno, come effetto, quello di far abbassare i rendimenti e di aumentare la liquidità sul mercato, svalutando di conseguenza l'euro. La progressiva stabilizzazione dello spread verso i trend storici pre-crisi negli ultimi due anni è sempre merito di «SuperMario» Draghi.
Padoan, però, ha voluto fare il politico come Renzi e non l'economista. Pur abbandonandosi al più sfrenato ottimismo, infatti, non si può ascrivere al Jobs Act, in vigore da ieri, alcun merito. Gli effetti positivi della maggiore flessibilità nel mercato del lavoro saranno misurabili solo fra qualche trimestre e non adesso visto l'ancora elevato livello del tasso di disoccupazione. Né, tanto meno, possono ispirare fiducia negli investitori la deflazione e l'effetto di trascinamento negativo della congiuntura (-0,5% il Pil negli ultimi tre mesi del 2014) sulla crescita.
Considerazioni condivise anche da un osservatore sostanzialmente «amico» dell'attuale esecutivo: l'ex premier ed ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi. La Bce «sta tenendo su la baracca», ha osservato ieri. Di fronte alla crisi economica internazionale, ha aggiunto, è da ritenere una «fortuna» aver potuto contare sull' «allargamento dei compiti della Banca centrale europea». Tanto che, ha argomentato il professore, «se in questi giorni noi abbiamo un respiro nell'economia europea è perché Draghi sta immettendo una enorme quantità di denaro».
Oltretutto, non si può stare tranquilli. C'è già nella maggioranza chi vorrebbe impiegare in nuovo deficit le risorse liberate dalla minore spesa per interessi. Renzi ha promesso che la riforma fiscale è «questione di settimane».
L'unica certezza è che in arrivo una nuova stangata da 26 miliardi: la Local Tax che unificherà i tributi comunali. Padoan ha sottolineato che il governo vuole che sia «conveniente per tutti», ma nuovi aumenti delle tasse sulla casa non sono da escludere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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