Boccassini vuole più potere È scontro aperto con Greco

Ilda la Rossa, seppur a fine carriera, pretende il ruolo di leadership nel pool antimafia. Ma il capo la frena

Boccassini vuole più potere È scontro aperto con Greco

Finisce nel peggiore dei modi la lunga carriera di Ilda Boccassini all'interno della Procura della Repubblica di Milano. Finisce con uno scontro frontale con il suo capo Francesco Greco, compresi - secondo fonti attendibili - diverbi in pubblico e ad alta voce. Al centro dello scontro, la richiesta della Boccassini di continuare a rivestire un ruolo di prestigio all'interno della Procura milanese anche nei due anni che le mancano alla pensione, nonostante - in base alle norme che regolano gli incarichi direttivi in magistratura - sia ormai retrocessa al rango di semplice pm. Greco ha cercato nei limiti del possibile di venire incontro alle esigenze della collega. Ma la soluzione non è andata giù a Ilda. E ora lo scontro è di pubblico dominio.

È una conclusione amara, sia sul piano umano che su quello professionale, per il lungo viaggio della dottoressa all'interno della magistratura: iniziato negli anni Novanta con i blitz contro la mafia al Nord, poi in Sicilia nelle indagini sulle stragi, e poi di nuovo a Milano nella lunga caccia a Silvio Berlusconi, dal caso Sme fino all'affare Ruby. Per venticinque anni Ilda è stata un'icona per i fan della legalità: ma anche una presenza ingombrante all'interno della sua categoria, per l'asprezza delle sue scelte e per gli spigoli del suo carattere. Da Borrelli, a Caselli, a Bruti, tutti i capi di Ilda hanno dovuto farci i conti.

Ma l'ultimo scontro avviene con Francesco Greco: un magistrato della sua stessa generazione, a lei da sempre legato da affetto e stima, e per anni insieme a lei in Magistratura democratica. Oggi Greco è il nuovo procuratore della Repubblica, e si trova in questa veste a dover gestire la fase finale della carriera della Boccassini: che dal 20 ottobre scorso non è più procuratore aggiunto e capo della Direzione distrettuale antimafia, avendo compiuto gli otto anni di massima, e si è vista nel frattempo respingere tutte le candidature avanzate ad altre cariche. Finora Greco l'ha tenuta provvisoriamente al suo posto all'Antimafia, in attesa del nuovo titolare. Ma ora il Csm ha nominato i nuovi aggiunti, e uno di loro (verosimilmente Alessandra Dolci) prenderà la guida del pool. Problema: cosa far fare alla Boccassini nei due anni che la separano dalla pensione?

La soluzione ideata da Greco appariva sensata: lasciarle la gestione delle misure di prevenzione, i sequestri dei beni che per colpire i patrimoni mafiosi (o presunti tali) sono stati in questi anni più contundenti delle inchieste tradizionali; in questo modo Ilda resterebbe esonerata dalla corvè dei turni esterni e della routine delle udienze. Ma nei giorni scorsi la dottoressa ha invitato Greco a trovarsi un altro capo per questa sezione varando un bando tra tutti i sostituti: «manifestando comunque la mia volontà di non parteciparvi».

Cos'era accaduto? Sembra che la Boccassini avesse chiesto a Greco di tenere per se stesso (come accade anche alla Procura di Roma) la gestione del pool antimafia, e di lasciare lei nella squadra: con un ruolo di leadership di fatto, anche senza i «galloni» di procuratore aggiunto. Greco ha ritenuto la soluzione impraticabile.

E in una circolare ha ribadito che non farà nessun bando per le misure di prevenzione, visto che il posto è già coperto da Ilda. Per Greco, la dottoressa deve stare lì, che voglia o no, a meno che non si dimetta. E proprio questa è ora la tentazione di Ilda.

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