Bodrato, ultimo patriarca della sinistra Dc

Dalla corrente di Moro al Ppi. Il "profondo dolore" del presidente Mattarella

Bodrato, ultimo patriarca della sinistra Dc
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Il patriarca non c'è più. «Un intellettuale senza retorica. Un uomo schivo da ogni tentazione ideologica». Ecco qui il «profondo dolore», la «tristezza» del capo dello Stato per la scomparsa di Guido Bodrato. A novant'anni, se ne va infatti un totem della sinistra democristiana, forse l'ultimo dei morotei. «Un amico - spiega Sergio Mattarella - un politico sempre al servizio delle istituzioni», e anche un suo storico punto di riferimento personale: leader della sua corrente, poi fondatore del Ppi con Mino Martinazzoli, poi ancora prezioso consigliere pure negli anni del Quirinale. «Aperto». Moderno. «È stato capace di guardare alla realtà con quella intelligenza dei tempi nuovi, con curiosità verso le giovani generazioni».

Nato a Monteu Roero, in provincia di Cuneo. Laureato Il giurisprudenza. Grande esperto di economia e finanza. Deputato per sette legislature. Più volte ministro: Pubblica istruzione, Bilancio, Industria e commercio. Vicesegretario della Democrazia Cristiana nel periodo di De Mita e Forlani, capo insieme a Carlo Donat Cattin di Forze Nuove, ispiratore di trent'anni di politica dei cattolici democratici, direttore del Popolo, deputato europeo. Una vita insomma piena di esperienze, con posizioni nette, a volte ruvide, come quando uscì dal governo Andreotti in polemica con la legge Mammi sulle tv private, «passioni invincibili», ma capace di rispetto nei confronti degli antagonisti. Quando uscì dal Parlamento, con la fine della Prima Repubblica, ecco quello che disse del Cavaliere in un'intervista: «Ho combattuto con energia Silvio Berlusconi, spesso l'ho pure incontrato e sempre abbiamo discusso. Un bel giorno però mi arrivò a casa un pacco con venti libri della Mondadori e dentro un suo biglietto. Al più leale dei miei avversari, aveva scritto».

Il suo momento di punta negli anni 80-90, da leader di Forze Nuove, la corrente più di sinistra dello scudo crociato, e da colonnello dell'area Zac, con Martinazzoli, Galloni, Elia, Granelli a fianco del segretario Benigno Zaccagnini. Fu anche commissario della Dc a Milano all'epoca di Tangentopoli. Contrario alle privatizzazioni, al Cav e «al nuovo che avanza» anche a sinistra, freddo con Mario Draghi, diede vita al Ppi ma lascio la scena pubblica prima della confluenza dei post dc nel Partito Democratico. Da vent'anni era in panchina perché vedeva «una politica malata di personalismo, dove i partiti sono stati sostituiti dai social».

«Tutta la sua lunga esperienza - si legge nel messaggio del capo dello Stato - è sempre stata vissuta nel segno di una rigorosa assunzione di responsabilità». Dalla Resistenza ai primi passi nel partito a Torino, al Parlamento, agli anni bui del terrorismo. «Attento osservatore dei fenomeni sociali, ascoltatore delle speranze dei giovani, ha trovato nella appassionata difesa della Costituzione il suo orientamento». E l'Europa. «Era convinto - rammenta Mattarella - che il rafforzamento del processo di integrazione costituisse la garanzia più forte della pace e della libertà».

Il cordoglio è bipartisan. Per Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione e senatore di Forza Italia, «era un uomo saggio e coerente, un grande ascoltatore, stimato per il suo equilibrio e la sua profonda esperienza: mancherà la sua visione della storia del nostro Paese». In Aula a Montecitorio tocca a Piero Fassino ricordarlo. «Ci mancherà la sua intelligenza politica, la sua determinazione. Noi fratelli minori sentiremo il vuoto».

Su Twitter Enrico Letta lo definisce «grande maestro di buona politica, generazioni intere di cattolici democratici si sono formati con il suo esempio». E Dario Franceschini: «Ha tenuto alta la voce della cultura riformista e progressista del Paese».

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