La Boldrini mette alla berlina gli aggressori sessisti del web

La presidente della Camera divulga su Facebook gli insulti che riceve ogni giorno. Ma rischia una sanzione

La Boldrini mette alla berlina gli aggressori sessisti del web

La violenza sulle donne ha mille volti. Non c'è soltanto quella fisica: i pugni, gli schiaffi, addirittura l'acido per cancellarne il volto e l'identità. Ci sono metodi sottili anche per mortificarla e umiliarla. Nell'era della connessione globale passa anche attraverso la pressione dei social. Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha deciso di puntare l'obiettivo sulla violenza verbale alla quale può essere sottoposta una donna che ricopre un ruolo pubblico, postando sulla sua pagina Facebook una «florilegio» dei tanti pesantissimi insulti che riceve quotidianamente con nomi e cognomi degli autori. Si tratta, dice la Boldrini «di un fenomeno sempre più frequente e inaccettabile: l'utilizzo nei social network di volgarità, di espressioni violente e di minacce, nella quasi totalità a sfondo sessuale». La Boldrini spiega di aver preso questa decisione «anche a nome di quante vivono la stessa realtà ma non si sentono di renderla pubblica e la subiscono in silenzio» e conclude chiedendo a chi la segue su Facebook se tutto questo «si può definire libertà di espressione».

La scelta operata dalla Boldrini potrebbe paradossalmente ritorcersi contro di lei come risultato della singolare policy di Facebook. A mettere in guardia la Boldrini è Selvaggia Lucarelli che sul suo profilo social le ricorda che «in quanto personaggio pubblico non può postare sulla sua bacheca commenti altrui che potrebbero provocare indignazione in chi li legge». La Lucarelli lo sa bene perché si è vista bloccare il profilo proprio per lo stesso motivo.

Attraverso un altro social, Twitter, arriva l'invito al rispetto di Papa Francesco. «Quante donne sopraffatte dal peso della vita e dal dramma della violenza - scrive Bergoglio - Il Signore le vuole libere e in piena dignità». Il tweet di Papa Francesco è stato inviato dal suo account Pontifex che conta oltre 32 milioni di follower in tutto il mondo.

Anche per il capo dello Stato, Sergio Mattarella, «la violenza di genere è lo specchio di una degenerazione dei rapporti interpersonali, dell'abbandono dei valori fondativi della nostra civiltà, che si basa sulla pari dignità di tutti, cittadine e cittadini».

Se è vero che tutti sono d'accordo nel condannare la violenza è altrettanto vero che ci sono divergenze sui metodi per contrastarla. Basti pensare alle feroci polemiche sollevate intorno ad uno spot trasmesso in questi giorni dalla Rai. Spot che mostra una bimba intorno ai 10 anni che si dichiara futura vittima di violenza come se questa fosse iscritta nel suo destino. Scelta criticata da molte associazioni familiari. Ma la Rai non interromperà la programmazione dello spot.

Anche se la condanna è unanime e un maggior numero di donne ha trovato il coraggio di denunciare e di ribellarsi, la violenza non accenna a fermarsi e certo non si può considerare un dato positivo il fatto che nel 2016 siano state uccise 116 donne contro le 128 del 2015. L'Unicef ricorda come la violenza esploda soprattutto all'interno del nucleo familiare. A livello mondiale, il 47 per cento delle donne di ogni età vittime di omicidio è stata uccisa da un membro della propria famiglia o dal partner.

Una ragazza su tre fra i 15 e i 19 anni (pari a 84 milioni) è stata vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica commessa dal marito o dal partner.

Quasi 120 milioni sono le ragazze sotto i 20 anni che hanno subito, nel corso della loro vita, rapporti sessuali forzati o altre forme di violenza sessuale; negli ultimi 12 mesi, più di una adolescente su cinque ha subito violenze da parte del partner.

Anche in Italia la violenza si consuma soprattutto in famiglia. Negli ultimi dieci anni in Italia sono state uccise 1.740 donne e di queste 1.251, ovvero la stragrande maggioranza, da un proprio familiare.

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