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Bonomi fa l'ultrà ecologista: "Emergenza come il Covid. Servono smart working e Cig"

Sulla polemica caldo e rischi connessi sui luoghi di lavoro interviene il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dopo il pressing dei sindacati per chiedere un protocollo sul modello Covid

Bonomi va in ebollizione. "Il clima è come il Covid. Sì a Cig e smart working"

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Bonomi va in ebollizione. "Il clima è come il Covid Sì a Cig e smart working"

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Sulla polemica caldo e rischi connessi sui luoghi di lavoro interviene il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dopo il pressing dei sindacati per chiedere un protocollo sul modello Covid, cioè la cassa integrazione nei giorni bollenti: «Pensare di dover mettere a rischio la propria vita perché si va al lavoro è qualche cosa che devi fa riflettere tutti». Il protocollo dovrebbe consentire «delle soluzioni straordinarie in questo periodo che possano coprire tutta la platea dei lavoratori». Oltre alla cassa integrazione per i lavori più condizionati dalle temperature, si starebbe ragionando, dice Bonomi, «anche di smart working, quindi allargare di nuovo la possibilità di ricorrere a questa tipologia di lavoro, in modo da consentire ai lavoratori di non spostarsi e rimanere proprio le proprie abitazioni». Dal ministero del Lavoro trapela una riflessione in corso sulla possibile estensione della normativa sul lavoro da remoto. Ma si tratta di un intervento che necessita di uno strumento di legge. La ministra Calderone precisa però che «in questo momento non c'è un veicolo normativo in cui inserirlo» spiegando che però questo «non vuol dire che non si possa individuare». La strada dunque sarebbe quella di accordi aziendali e sindacali. E proprio da questa triangolazione, nelle intenzioni del ministero, si dovrebbe arrivare a un protocollo congiunto, che tenga dentro i temi dell'organizzazione del lavoro, delle misure e delle buone prassi da adottare, con la fornitura di dispositivi di protezione individuale ad hoc e supporti anticalore: martedì prossimo nuovo incontro al ministero. Ma i sindacati premono: «Sento che c'è chi parla di fare protocolli, ora non c'è tempo», incalza il segretario della Cgil, Maurizio Landini, mentre per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, «è necessaria un'intesa nelle prossime ore da recepire in un decreto».

Ieri l'Inps ha diffuso una nota in cui ha chiarito che «è possibile attivare la Cig anche per una temperatura sotto i 35 gradi se si lavora sotto il sole o se l'umidità dell'aria aumenta il valore del caldo percepito. Bisognerà tener conto della tipologia di attività svolta e delle condizioni nelle quali si trovano ad operare i lavoratori». Una postilla riguarda anche chi lavora al chiuso, nel caso di imprevedibili malfunzionamenti dei sistemi di raffreddamento. Quindi via libera alla cassa anche «in presenza di lavorazioni che non sopportano il forte calore. In sostanza, la valutazione non deve fare riferimento solo al gradiente termico ma anche alla tipologia di attività svolta e alle condizioni nelle quali si trovano ad operare i lavoratori». Anche, scrive l'Inps, per le lavorazioni al chiuso che «non possano beneficiare di sistemi di ventilazione o raffreddamento per circostanze imprevedibili e non imputabili al datore di lavoro, nonché nell'ambito del lavoro svolto in agricoltura».

Ma a stretto giro Coldiretti lancia l'allarme sulle conseguenze di simili limitazioni nel comparto: «Oggi abbiamo la necessità di avere i lavoratori a pieno regime perché abbiamo il massimo della produzione e della raccolta, in questo momento. La cassa integrazione significa fermare le macchine, fermare l'attività, fermare la raccolta», dice il responsabile lavoro, Romano Magrini. E propone di rimodulare l'orario di lavoro e quindi anticipare alle 5 l'inizio dell'attività, fermarla nelle ore calde e riprenderla dalle 18: «È una cosa che stanno facendo quasi tutti».

Intanto Bonomi smonta gli entusiasmi sul Pnrr italiano, dopo lo sblocco della terza rata da parte della Commissione Ue. «Il Pnrr non va nella giusta direzione, lo abbiamo sempre sostenuto», dice il presidente di Confindustria. Le responsabilità però, chiarisce, non sono del governo Meloni: difficile «accollare dei problemi a questo governo perché questo piano è sbagliato dall'origine, noi lo avevamo sempre detto» già quando a Chigi c'era Giuseppe Conte. «Oggi si sta cercando di realizzare comunque questo piano che è fondamentale» per sostenere gli investimenti «che stanno crollando».

«Se le gare sono fatte bene le imprese hanno interesse a partecipare, non partecipano laddove i costi non sono correlati all'economia di oggi».

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