Giù le mani dagli 80 euro di Renzi: ad una voce, i due vicepremier Di Maio e Salvini insorgono contro le ipotesi di taglio del bonus deciso dal governo Pd e che loro, in una vita precedente, avevano variamente definito «truffa», «elemosina» oppure «mancia elettorale».
Ora però fanno quadrato per difenderlo, dopo le indiscrezioni di stampa che raccontavano di un governo pronto ad abolire quel bonus fiscale e ad aumentare «selettivamente» l'Iva per poter finanziare almeno un piccolo abbozzo delle costosissime promesse elettorali di Lega e Cinque Stelle: flat tax da una parte, reddito di cittadinanza dall'altro. «Indiscrezioni giornalistiche palesemente false», tuona Matteo Salvini, assicurando che «il governo non pensa né di togliere gli 80 euro né di aumentare l'Iva». Aumento che, secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori, potrebbe portare ad una stangata intorno ai mille euro a famiglia. Al capo della Lega fa prontamente eco Luigi Di Maio: «Non so chi se la sia inventata, insieme all'aumento dell'Iva, ma sia noi che tutta la Lega ossia tutto il governo è compatto nella volontà di non aumentare l'Iva». A ruota, si allinea anche Palazzo Chigi, che fa diffondere una velina per ribadire i medesimi concetti. Aprendo le porte al sarcasmo dell'ex premier del bonus, Matteo Renzi: «Oggi Salvini difende gli 80 euro. Ieri il governo ha detto che apprezza il mio piano periferie. Prima hanno cambiato idea su caporalato e bonus diciottenni. Dicono: 'Renzi ha un cattivo carattere'. Meglio restare antipatici e fare cose utili che raccontare barzellette. Il tempo è galantuomo».
La replica del guardiano dei conti, il ministro dell'Economia Tria, non si fa attendere: benissimo, non volete toccare il bonus Renzi né la sterilizzazione dell'Iva. Ma da qualche parte i soldi che avete promesso a fiumi vanno trovati. «Siamo aperti a diverse ipotesi: gli interventi possibili per liberare risorse possono essere svariati. Ma è necessario prendere delle decisioni», fanno notare da via XX Settembre. Non si possono dire solo dei no: il blocco dell'aumento Iva, da solo, costa 12,4 miliardi. Gli 80 euro ne costano 9. L'aumento dello spread, per il momento, viene valutato tra i 2 e i 4 miliardi. Ed è tornato a salire, con la preoccupazione degli investitori per il caos italiano, sfondando quota 252. La manovra d'autunno si assesterà tra i 25 e i 30 miliardi, con un deficit che deve assestarsi su una soglia non superiore all'1,6% del Pil. I margini di flessibilità che si stanno trattando con la Commissione Ue saranno quindi limitati, non più di una decina di miliardi di euro. La politica, dunque, deve decidere quali pretese abbassare e dove tagliare, perché tagliare si dovrà. Il viceministro leghista all'Economia Garavaglia, però, sembra dar ragione a Tria: «È molto meglio avere una riduzione strutturale delle tasse piuttosto che un bonus che resta sempre appeso», quindi gli 80 euro vanno riconvertiti in «riduzione fiscale, anziché esborso». E lo stesso Di Maio in serata si lascia sfuggire una frase sibillina: «L'obiettivo è ritoccare l'Iva per non farla aumentare».
Insomma, all'indomani del vertice di maggioranza sulla manovra la confusione regna sovrana. E l'opposizione attacca: «Il governo alla fine sarà costretto ad aumentare l'Iva e la pressione fiscale. E a pagare sarà il ceto medio, anche con Iva e flat tax seletttiva», dice Antonio Tajani. E Mara Carfagna attacca: «Il governo non è capace di individuare obiettivi condivisi, e la confusione viene scaricata sugli italiani.
La verità è che reddito di cittadinanza e flat tax, insieme, non si possono fare: la Lega deve decidere se lasciar vincere Di Maio, come sull'indegno decreto dignità, o affermare gli interessi dell'Italia che produce e crea lavoro».
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