Il boom delle abitazioni demolite a colpi di tasse

Dal 2012 più 70% di villini e capannoni accatastati come ruderi per sfuggire al carico fiscale insostenibile

Il boom delle abitazioni demolite a colpi di tasse

È arrivata persino una guida del Sole24ore: Come disfarsi degli immobili che creano problemi e risultano invendibili. Negozi, appartamenti, case di campagna si possono cedere ad eventuali altri proprietari (ad esempio agli eredi) oppure si possono regalare allo Stato, è il suggerimento del quotidiano economico. L'alternativa, ampiamente praticata, è ridurre il fabbricato a rudere e inquadrarlo nella categoria catastale F2. Che è diventata ambitissima: non ci si pagano tasse.

Perché il problema è sempre quello, dopo la stangata fiscale iniziata nel 2012, gli immobili sono diventati un investimento a rischio. Se va bene hanno rendimenti netti bassissimi. Se va male, cioè se sono sfitti e non sono commerciabili, si trasformano un incubo, un peso insostenibile. Costano tanto perché il fisco non fa sconti. Sono rischiosi perché le case abbandonate espongono a imprevisti, come gli eventuali danni provocati da un pezzo di intonaco che cade.

Fatto sta che la cura fiscale dei governi post 2011, quella che doveva tassare di più la rendita per alleviare la produzione, ha avuto come unico effetto quello di fare aumentare il numero di ruderi presenti nel territorio nazionale. Nel 2016 sono cresciuti del 3,4 per cento rispetto al 2015. Se il confronto è con il 2011, gli immobili rottamati sono aumentati del 70%. Sfiorano ormai il mezzo milione di unità, rispetto ai 280 mila pre-Monti.

Ci sono storie incredibili: il proprietario di un capannone a Frosinone, che lo ha letteralmente smantellato e reso inutilizzabile per risparmiare qualcosa. Miracoli del fisco. Un altro prodigio a Belluno, dove il proprietario di tre negozi in centro ha deciso di regalarli al comune. Nessun privato li voleva e persino l'amministrazione cittadina ha tentennato.

Gli affitti commerciali sono in crisi nera. Il prelievo fiscale reale, denuncia da tempo il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa, supera il 70%, mettendo insieme Imu, Tasi e addizionali varie. I proprietari sono costretti a imporre prezzi proibitivi per gli esercenti e rimangono sfitti.

Le saracinesche chiuse si moltiplicano, negozi sfitti anche nelle città del ricco Nord est. La soluzione individuata dalle istituzioni, in questo caso locali, non è un taglio alle imposte, magari uno sconto sull'occupazione di suolo pubblico, ma una multa salatissima per chi non cura la vetrina del locale sfitto.

È recente il caso di Treviso, dove la giunta comunale ha deliberato una sanzione per proprietari di locali commerciali sfitti con le vetrine in stato di abbandono: 200 euro, che si aggiungono alle altre imposte. Perché il fisco sul mattone non si ferma quando l'immobile è sfitto.

Come spesso succede in Italia, tasse che nascono con l'intento di redistribuire ricchezza finiscono per colpire chi ha meno. Tra le vittime dell'accanimento sulla seconda casa, vanno contati anche gli emigranti. Chi, cioè si è spostato dal paese alla città, dal Sud al Nord, mantenendo la casa di famiglia.

È il caso di Giuseppe Franco, ex agente di polizia che dalla provincia di Salerno si è spostato a Cesena. «Ho ancora una casa nel Cilento, che non riesco nemmeno a svendere. Pago 700 euro di affitto a Cesena e un'Imu doppia». Un caso diffuso. Immobili invendibili in piccoli centri del Sud che si stanno spopolando, impossibili da vendere, vengono tassate come se fossero un lusso.

Difficile chiedere a Giuseppe Franco o agli altri finiti nella trappola delle riforme fiscali sul mattone, di demolire la casa di famiglia. Lui ha deciso di tempestare i parlamentari di proteste contro la tassa contro gli emigranti. Fino ad oggi nessuno ha respinto. Per il partito delle tasse, anche gli emigranti sono rentier da colpire.

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