Sui mercati è panico, panico vero. La brutalità dei numeri inchioda tutti a una realtà drammatica, quel disgregarsi reiterato degli indici, senza appigli cui aggrapparsi, è il segno della fuga degli investitori. Con i rovesci di ieri nelle Borse, il mondo della finanza ha conosciuto la peggior settimana dal crac di Lehman Brothers, punto terminale di quel capitalismo impregnato di cartolarizzazioni e denaro facile che trascinò il mondo nella peggior crisi dai tempi della Grande depressione.
Adesso è il crescere del terrore da pandemia, causa coronavirus, a spargere il seme del pessimismo sui listini. Con Wall Street incapace di rialzare la testa (-2,2% a un'ora dalla chiusura) e con l'indice della paura Vix ai massimi da febbraio 2018, per l'Europa non c'è stato scampo: l'Eurostoxx600 ha lasciato altre macerie sul terreno cedendo quasi il 4%, mentre Piazza Affari ha chiuso con un calo del 3,58% (dopo una picchiata fino a -5%) costato altri 22,5 miliardi di capitalizzazione. Lo score settimanale di Milano è da brivido: Ftse-Mib sotto i 22mila punti, -11,2% in cinque sedute, polverizzati oltre 80 miliardi.
La situazione che si è creata fa da detonatore nel minare le residue speranze sulla tenuta degli utili delle aziende e, soprattutto, dei conti pubblici. L'Italia, con il suo carico di debiti per oltre 2.400 miliardi, è tra i Paesi che rischiano di entrare in sofferenza se il Covid-19 non sarà in fretta circoscritto e se nessun provvedimento di contrasto, strutturale e di ammontare adeguato, sarà deciso a livello comunitario o dalla Bce. A preoccupare è il rapido risalire del differenziale fra Btp e Bund, schizzato verso l'alto di 20 punti rispetto a giovedì, a quota 180, prima del ripiegamento in chiusura a 174. Il picco rappresenta il massimo da fine agosto 2019 ed è anche la spia dei timori legati alla possibilità che il nostro Paese sia tra i primi a entrare in recessione, stante la paralisi produttiva del Nord-Est. Prometeia, con la prevista contrazione del Pil nel primo trimestre (-0,3%), ne è certa.
In caso di crisi globale i danni sarebbero ancora maggiori. E non solo per l'economia reale, ma anche per le casse statali. Una flessione del Pil avrebbe infatti come effetto collaterale il trascinamento del rapporto fra prodotto lordo e deficit verso il 3%, rispetto al 2,2% governativo, e una risalita verosimile del debito-Pil al 140%, contro il 136,8% stimato dalla Commissione Ue. L'Italia sarebbe nei guai, e qualche Paese membro non particolarmente tollerante potrebbe proporre a Roma un do ut des sotto forma di aiuti in cambio della Troika spedita a domicilio. Insomma, un commissariamento.
Ma già nel breve termine si profila un problema. Nel novembre scorso, l'Ufficio parlamentare di bilancio aveva ipotizzato per il 2020 circa 5,5 miliardi di risparmi relativi alla spesa per interessi sui titoli di Stato (più o meno l'80% del debito complessivo). Un «tesoretto» garantito dalla riduzione dello spread, passato dai 250 punti di gennaio a 150 circa. Ora: nelle previsioni di bilancio, il governo ha già dato per scontato questo risparmio.
Che rischia però di rivelarsi illusorio nel caso lo spread continuasse a salire e se il Tesoro sarà costretto a collocare i propri bond con rendimenti crescenti. A quel punto, il buco miliardario andrebbe coperto con entrate aggiuntive. E nella bufera perfetta che scuote il mondo, reperire quei quattrini non sarà una passeggiata di salute.
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