Rodolfo PariettiCupi tonfi, nel più classico dei venerdì neri, nelle Borse mondiali. Collassa l'Europa, sotto il peso di vendite che bruciano altri 260 miliardi di ricchezza nel giro di poche ore; crolla del 3% Milano, dove in appena due settimane i ribassi, superiori al 10%, hanno quasi azzerato i guadagni messi a segno nel 2015; sbanda come un'auto fuori controllo perfino Wall Street (-2,60% alle 20 ora italiana), segno di un cortocircuito complessivo difficile da riparare. Un primo, parziale calcolo dei danni a livello globale causati dal black friday, indica in oltre 830 miliardi la perdita di capitalizzazione.Un disastro che dà la misura del progressivo accartocciarsi dei listini, incapaci di opporre una minima reazione ai venti gelidi che soffiano da Oriente a Occidente. Nelle sale operative si continua a ripetere come un mantra che l'esodo dai mercati sta avvenendo senza panico. Sarà: le raffiche di sospensioni per eccesso di ribasso e l'avvitamento degli indici (da inizio anno dallo Standard&Poor's 500 sono evaporati 1.500 miliardi) sembrano raccontare un'altra storia. Con un finale potenzialmente drammatico, se la musica non cambierà. Ma lo spartito, al momento, lascia solo spazio a minime variazioni sul tema. Servirebbe, per alleggerire l'imperante avversione al rischio, un petrolio a prezzi meno stracciati. Finito ieri per qualche minuto sotto i 29 dollari il barile, il greggio rischia un'ulteriore picchiata la prossima settimana, quando è previsto il ritorno sulla scena petrolifera dell'Iran, un altro player di peso che amplificherà l'eccesso di offerta e metterà alle corde tutti i produttori. Russia inclusa, alle prese con un rublo dimagrito di un altro 3% questa settimana e con una Borsa tramortita ieri da un terrificante -5,3%. Se l'ex oro nero spaventa tutti, la Cina è un'autentica spina nel fianco. Dopo il crollo di ieri del 3,55% che ha alzato le perdite al 20% dai massimi di dicembre, Shanghai si è arresa all'Orso. Ovvero, è ufficialmente entrata in territorio recessivo. Tutte le misure anti-crisi finora varate dal Dragone si sono rivelate efficaci quanto una pistola a salve. Circolano tra l'altro voci di una svalutazione del 20% dello yuan nei prossimi giorni, una mossa che confermerebbe la confusione della banca centrale cinese, in oscillazione tra provvedimenti di sostegno della moneta nazionale e misure di segno opposto. Non una buona cosa per i mercati. Privati, tra l'altro, della stampella giapponese. Senza tanti giri di parole, il governatore della Bank of Japan Kuroda ha fatto sapere di aver fermato le rotative. Basta con la stampa di denaro a getto continuo per sostenere un'economia che non dà comunque segni di ripresa; basta con una politica di aiuti senza fine che sta mettendo in sofferenza le finanze della banca centrale. Tokyo si blocca, con un gesto che assomiglia a un invito a intervenire rivolto alla Federal Reserve. Mentre il Tesoro Usa «sta monitorando da vicino» la situazione dei mercati, l'istituto guidato da Janet Yellen dà la sensazione di essere pronto a correggere la rotta della politica monetaria. Dopo aver alzato i tassi in dicembre, Eccles Building non esclude una clamorosa retromarcia: «Se l'economia peggiorasse, la Fed potrebbe considerare tassi negativi», ha rivelato il presidente della Fed di New York, Williams Dudley. Gli analisti scommettono che la prossima stretta sarà in settembre, mentre le attese per un rialzo in marzo sono scese al 31% rispetto al 55% di un mese fa.
Previsioni che non confortano. In arrivo, la prossima settimana, c'è il dato sul Pil cinese 2015 e quelli sulla manifattura in Europa e Usa. Tre appuntamenti da brivido per i mercati. Il panico è sempre pronto a scatenarsi. Incrociamo le dita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.