Nelle Borse è risuonata la campana della ritirata. Quella disordinata, emotiva e tutta di pancia che, essendo generata dal panico, trasforma tutto in carta straccia di cui sbarazzarsi in fretta e furia. Senza più il Prozac delle trattative tra Grecia e creditori, tagliato il filo sottile che aveva per settimane tenuto in equilibrio le speranze di un accordo, spiazzati dalla mossa di Tsipras di affidare al popolo la decisione sul destino del Paese, i mercati ieri sono finiti a terra, fragili come birilli. Ribassi a ogni latitudine e longitudine (a parte Atene, chiusa d'imperio per evitare una catastrofe che è forse solo rimandata). E che ribassi: l'intera Europa ha lasciato sul campo 287 miliardi di euro, di cui 36 sono evaporati nella sola Piazza Affari, crollata del 5,17% sotto i colpi della vendite, tra sospensioni per eccesso di ribasso e con l'intera filiera delle banche affondata sotto il peso di un -6,8%. Per Milano, che in una manciata di ore ha bruciato i guadagni accumulati durante tutta la scorsa settimana, è stata la seduta peggiore dall'agosto 2011, periodo in cui la crisi del debito sovrano arrivò all'acme. Il che la dice lunga sull'atmosfera che si respirava ieri tra gli investitori, con l'onda lunga del pessimismo partita da Oriente e poi arrivata anche a Wall Street (-1,7% alle ore 20,30 italiane).
Ma per quanto drammatico, per quanto tesissimo, il lunedì di paura ha anche confermato che la Bce c'è. E che il suo potere d'intervento può evitare la riproposizione di quelle tensioni viste ai tempi degli spread impazziti. Sul mercato azionario Mario Draghi non può intervenire, ma su quello obbligazionario sì. Infatti: schizzato fino a 180 punti dai 124 di venerdì scorso, il differenziale di rendimento tra Btp e Bund ha chiuso a quota 159, un valore tutto sommato accettabile nella tempesta di ieri e paragonabile ai livelli già visti durante le giornate più calde della crisi greca. L'Eurotower, pronta domani a ripristinare i fondi di emergenza alle banche greche se, alla luce della decisione del governo di Atene di non pagare a fine mese la rata da 1,6 miliardi al Fondo monetario, la situazione dovesse precipitare, ha dato un segnale forte alla speculazione. Rispetto a tutte le frasi di circostanza sentite durante l'infinita tragedia ellenica, è dalla banca centrale che si possono azionare le leve giuste per limitare - se non proprio neutralizzare - il possibile effetto contagio. Ovvero, tenere al riparo Paesi come l'Italia, la Spagna e il Portogallo ed evitare quelle tensioni sul debito che finirebbero per fare il gioco dei partiti anti-euro. Secondo gli esperti di Intesa Sanpaolo, il rischio di contagio «è un'ipotesi piuttosto remota» anche dato «il contesto istituzionale molto diverso rispetto alla situazione pre-2012». «La crisi attuale con ogni probabilità non danneggerà le prospettive a lungo termine delle Borse europee» spiega Barclays, che non ha cambiato la raccomandazione di sovrappesare le azioni europee, in un report dal titolo «Grecia: contagio contenuto». Inoltre, «la ripresa economica nell'Eurozona ha provocato un cambiamento nei confronti dell'appartenenza all'Ue in Portogallo, Spagna, Irlanda e Italia».
Più in generale gli analisti sottolineano come in questa fase di alta volatilità la banca centrale dovrebbe aumentare il ritmo degli acquisti di titoli di Stato attraverso il quantitative easing , attualmente a 60 miliardi al mese. L'eventuale attivazione dell'Omt, lo scudo anti-spread, sarebbe un ulteriore deterrente. Parafrasando il famoso detto sulla Federal Reserve, si potrebbe dire: «Non fate la guerra alla Bce». Chi per mestiere segue ogni giorno azioni e bond tende inoltre a ridimensionare il rischio Grexit: «Un dato macroeconomico negativo degli Usa ha un impatto molto maggiore sui mercati», spiega Christophe Bernard, chief strategist della banca di Zurigo Vontobel. Certo è che se la Grecia restasse sui monitor anche nei prossimi mesi, creando instabilità, la Fed avrebbe qualche problema ad alzare i tassi.
Gli analisti di Société Générale, mantengono la probabilità del 60% che, in definitiva, sia raggiunto un'intesa semi-stabile, ma qualunque sia l'esito del referendum nuove elezioni sono da mettere in conto. «Ora vediamo una probabilità del 40% di Grexit», scrive ancora SocGen.Oggi i mercati riaprono. Incrociamo le dita.
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