Non c'è riscossa, non c'è rimbalzo. Solo la reiterazione pavloviana dello stesso spartito di venerdì scorso, seppur in chiave minore. Alle perdite dell'ultima seduta della scorsa settimana si sono sommate ieri altre perdite, pesanti e generalizzate, a dimostrazione che le tossine della Brexit restano appiccicate addosso a mercati privi di bussola e sprofondati nell'incertezza. Si guarda alle banche centrali, riunite nel simposio di Sintra della Bce, nella speranza che da lì arrivi una luce. Ma, per ora, le risposte tardano ad arrivare.
Così il buio continua ad avvolgere le Borse, vanificando ogni tentativo di recupero, come quello che si era visto in mattinata sulla scorta della mancata affermazione in Spagna di un partito anti-establishment come Unidos Podemos. Rialzi subito azzerati non appena i mercati hanno capito che, a livello politico, il Paese iberico resta in stallo. A quel punto, le vendite hanno ripreso a picchiare sui listini fino alla nuova caduta finale costata altri 282 miliardi di euro di capitalizzazione, mentre la sterlina è scesa ai minimi dall'85 contro il dollaro (1,3165) e Standard&Poor's ha tolto la tripla A all'Inghilterra, declassata ad AA con outlook negativo. Ancora una volta, a soffrire più di tutte è stata Milano (-3,94%), ma male anche le altre piazze europee e Wall Street (vedi grafico). Ad affondare Piazza Affari (-30% nell'ultimo mese), è stato il peso specifico delle banche (-9,2% l'indice di settore), con Unicredit (-8%) e Mps (-13%) ai nuovi minimi storici. Crollo che porta al 56% le perdite negli ultimi sei mesi e segnala come da parte degli investitori il nostro settore del credito sia percepito come sempre più a rischio. In una sua analisi, Citibank punta il dito sulle banche italiane post Brexit perchè, pur scambiando a prezzi bassi rispetto al settore (in media 0,6 volte il valore di libro contro 0,8 del comparto), soffrono la maggiore esposizione ai crediti problematici e una minore capacità di far profitti. I pericoli? «Minore crescita dei prestiti», «un più basso margine di interesse netto» e un «più elevato costo del rischio». La situazione è in effetti delicata. Al punto che il premier Matteo Renzi potrebbe averne parlato ieri nel vertice con Angela Merkel e François Hollande. A Germania e Francia potrebbe essere stato dettagliato il modo in cui il governo intende intervenire per mettere in sicurezza le banche. «Sostegno alle banche? Studiamo tutte le opzioni per dare fiducia. Purtroppo i governi italiani precedenti non hanno fatto interventi di sistema sul mondo del credito». si è limitato a dire Renzi. L'Italia deve muoversi con i piedi di piombo, se vuole evitare l'accusa di mettere in campo aiuti di Stato. «Non siamo in una situazione di emergenza: non c'è un caso Italia» e «non vedo alcuna ragione per un intervento pubblico sulle banche», ha aggiunto il sottosegretario all'Economia con delega alle banche, Pier Paolo Baretta.
Non sono solo tuttavia i nostri istituti nel mirino degli investitori, visto che l'Eurostoxx del comparto ha lasciato sul terreno oltre il 6% e che voci circolate ieri parlavano di un intervento a livello sistemico del valore di 40 miliardi di euro. Alcuni analisti sostengono che nonostante sui titoli di Stato la mano della Bce si faccia sentire (spread Btp-Bund a 162 punti ieri), stanno aumentando le perplessità sulla sua capacità di tenere insieme mercato delle securities e banche.
Mario Draghi parteciperà intanto al summit dei leader europei a Bruxelles, oggi e mercoledì, dopo che è stato cancellato il previsto dibattito odierno con il numero uno della Bank of England, Mark Carney, e con la presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, che ha preferito rientrare a Washington dopo gli incontri alla Banca dei regolament internazionali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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