«Il dialogo con Forza Italia sui temi fondamentali va coltivato con attenzione», parola del vicesegretario dem Andrea Orlando.
«L'Europa è il vero discrimine tra il governo e un'opposizione di sconsiderati anti-Ue come Salvini e Meloni. Per questo gli europeisti devono stare sempre più dalla stessa parte della barricata», è l'invito del capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci, con chiaro riferimento a Forza Italia.
Il corteggiamento da sinistra verso il Cavaliere è serrato, e sta diventando sempre più esplicito e caloroso man mano che si avvicinano scadenze importanti e rischiose per la maggioranza. Certo, c'è il Mes, su cui prima o poi, nonostante i sudori freddi di Conte, bisognerà pur votare; c'è la nuova richiesta di scostamento di bilancio, su cui occorre la maggioranza assoluta dei membri del Parlamento. E c'è, ciò che più sta a cuore in questa fase al Partito democratico, la nuova legge elettorale, che andrà in aula alla Camera il prossimo 27 giugno. Una priorità, per Zingaretti: un'arma per allungare la vita della legislatura (magari con una nuova maggioranza) in caso di crisi, e per evitare - attraverso l'abolizione dei collegi del Rosatellum e il riparto proporzionale puro - un cappotto della destra alle prossime elezioni. I voti di Forza Italia sulla legge elettorale, sia alla Camera che al Senato, servono come il pane, visto il dissenso aperto dei renziani, quello coperto di Leu e i mal di pancia grillini che su questo, come sul resto, hanno diciotto linee diverse al proprio interno. Per questo nel Pd si è registrata con qualche preoccupazione una dichiarazione della capogruppo di Fi Gelmini contro «un proporzionale degno della Prima repubblica».
«Altro che Di Maio, è il Cavaliere ad essere l'ago della bilancia, tra maggioranza e opposizione», dice una dirigente dem. A tal punto da suscitare turbini di gelosie: tra Pd e Conte, anche lui intento a lanciare avance sempre più ardite a Berlusconi, tra Conte e i grillini, e ovviamente nel centrodestra. «Solo che noi facciamo a Forza Italia proposte politiche, come un'intesa sul proporzionale. A Palazzo Chigi offrono favori di altro genere, dal caso Tim alla pubblicità tv...», è l'acida notazione che fanno in casa dem. Dove mettono anche in guardia il premier, a caccia di voti azzurri in Senato per restare a galla: «Attenzione, perché un conto è votare insieme una legge di sistema come quella elettorale, che non è questione di maggioranza. Tutt'altro è il voto sul Mes: se i voti di Forza Italia si rivelassero decisivi per l'approvazione della scelta di governo di attivare il prestito, si aprirebbe un problema politico inaggirabile». Se insomma la maggioranza si rivelasse non autosufficiente, Conte non potrà fare finta di niente.
Ma il premier e i suoi confidano molto nel Cavaliere: «Berlusconi - spiega un ministro vicino a Conte - è un imprenditore di gran fiuto, e
capisce al volo le tendenze dell'economia. Sa che nei prossimi mesi rischiamo i forconi e l'implosione del sistema. Ragionando da uomo di impresa, pensa sia meglio tenere in piedi quel che c'è, per evitare ulteriori choc».
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